Essere vittima di un incidente che impedisca il fatto di poter continuare a lavorare è un danno che il lavoratore ha diritto a veder risarcito, parametrando la liquidazione ai guadagni futuri mancati.
La liquidazione interessa la cd. perdita della capacità lavorativa, ovvero il reddito che il lavoratore avrebbe potuto guadagnare proseguendo l’attività lavorativa ma che viene persa a causa di un inadempimento o un illecito.
Sul punto si è recentemente pronunciata la Corte di Cassazione.
Il caso
Il tribunale di Busto Arsizio condannava l’Azienda Sanitaria X e il Dottor Tizio a risarcire il danno cagionato a Caio, vittima di un incauto intervento chirurgico.
L’intervento medico aveva avuto a oggetto l’eliminazione di un calcolo ureterale che, tuttavia, a causa di un’imprudente e imperita esecuzione, aveva arrecato la fessurazione della parete vescicale.
A seguito di ciò, il paziente Caio aveva cominciato ad avvertire dolori pelvici, neuropatia del pudendo ma anche postumi di prostati che gli impedivano di mantenere in maniera prolungata posture fisse e lo costringevano a minzioni ravvicinate.
Caio, pertanto, decideva di citare per danni sia il Dottor Tizio che l’Azienda Sanitaria X affinché venissero condannati e risarcissero i gravi danni causati per gli errori medici commessi e dai quali seguiva una limitata capacità lavorativa. il Tribunale condannava i due alla liquidazione del danno patrimoniale per il mancato guadagno dovuto alla perdita della capacità lavorativa.
In secondo grado, la Corte d’Appello provvedeva a riformare la sentenza e accoglieva l’istanza di risarcimento del danno patrimoniale provvedendo a liquidare in via equitativa.
Tuttavia, avverso tale sentenza, Caio proponeva ricorso per cassazione contestando le motivazioni che erano state poste a sostegno della liquidazione del danno patrimoniale per la perdita della capacità lavorativa.
La perdita della capacità lavorativa e il risarcimento del danno
Il buono stato di salute della persona è strettamente correlato alla sua idoneità e capacità di lavorare.
Il lavoratore che sia vittima di un incidente rischia di perdere del tutto oppure vedere compromessa la sua capacità lavorativa e, alla stregua di ciò, il suo guadagno.
L’articolo 1223 del Codice Civile disciplina il risarcimento del danno previsto anche nel caso di perdita della capacità lavorativa specifica, intesa come l’impossibilità a svolgere l’attuale occupazione lavorativa (come nel caso di specie, l’autotrasporatore).
Al creditore, ai sensi della norma, spetta il risarcimento del danno per l’inadempimento o per il ritardo che cagionino il mancato guadagno.
La decisione
La Corte di Cassazione, sezione 3, civile, con ordinanza del 16 febbraio 2024, n. 4289 ha ritenuto che il lavoratore, in caso di danni dovuti alla perdita della capacità lavorativa, ha diritto a veder riconosciuta la liquidazione commisurata in base al reddito che avrebbe potuto conseguire se solo avesse potuto continuare a lavorare.
Gli Ermellini, infatti, ripercorrono un orientamento già consolidato secondo cui
“il danno patrimoniale da lucro cessante, inteso come perdita dei redditi futuri, va liquidato tenendo conto di tutte le retribuzioni (nonché di tutti i relativi accessori e probabili incrementi, anche pensionistici) che egli avrebbe potuto ragionevolmente conseguire in base a quello specifico rapporto di lavoro, in misura integrale e non in base alla sola percentuale di perdita”.
Per questa ragione, il Giudice nel dover procedere alla liquidazione del danno a favore della vittima, è chiamato a verificare la compromissione dell’attività lavorativa della persona e a come questa, se non avesse subìto alcun danno, avrebbe potuto mantenere il proprio status lavorativo e professionale.
Nel caso di specie, continua la Corte, se il dipendente non fosse stato coinvolto dall’illecito, avrebbe potuto riprendere l’attività lavorativa senza essere investito dallo stato di disoccupazione.