Definire il concetto di "eredità digitale" è operazione alquanto complessa, poiché il “patrimonio digitale” di un soggetto può essere costituito da beni aventi la natura più svariata.
Si può fare riferimento, in prima battuta, agli account social, che non sono beni in senso stretto, ma possono comunque avere un valore economico.
Si pensi agli account di coloro che riescono a monetizzare la loro presenza sui social, come gli influencer.
Si pensi, inoltre, all' identità digitale di un soggetto, alla sua casella elettronica, all'account SPID, al cloud.
L’eredità digitale, in definitiva, può comprendere sia materiale valutabile economicamente che materiale che abbia valore esclusivamente sentimentale.
Quali diritti comprende l'eredità digitale
I diritti legati all’eredità digitale, ovvero la possibilità di accedere agli account del defunto e utilizzare i suoi dati, possono essere esercitati, in base a quanto stabilito dall’art. 2-terdecies del Codice della privacy da “chi ha un interesse proprio, o agisce a tutela dell'interessato, in qualità di suo mandatario, o per ragioni familiari meritevoli di protezione”.
A chi appartiene la nostra eredità digitale
Gli eredi del de cuius possono manifestare l’esigenza di accedere ai dati digitali del defunto nel periodo successivo alla sua morte.
Il problema è stabilire entro quali limiti tale attività sia possibile.
Sul punto è importante citare la sentenza del Tribunale di Milano n. 95062 del 2021.
I genitori di un ragazzo defunto avevano chiesto la possibilità di accedere ai dati del suo account, ma il gestore aveva espresso un rifiuto, e aggiunto che dopo un certo periodo di inattività l’account del cloud sarebbe stato eliminato.
I genitori del ragazzo avevano dunque deciso di rivolgersi al Tribunale di Milano per chiedere un provvedimento di urgenza ex art. 700 c.p.c. per recuperare i dati del ragazzo.
Il Tribunale di Milano ha accolto il ricorso sulla base del Considerando 27 del GDPR e dell’art. 2-terdecies del Codice Privacy.
Sulla base di tali norme, infatti, l’accesso ai dati del defunto è consentito salvo divieto espressamente manifestato da quest’ultimo.
Recenti provvedimenti del Tribunale di Milano e di Roma hanno solcato lo stesso percorso seguito con la sentenza del 2021 dal Tribunale di Milano.
La criticità che dovrà probabilmente essere affrontata dal legislatore, tuttavia, riguarda la tutela della privacy di terzi coinvolti in conversazioni con l’utente defunto, i quali potrebbero essere lesi dall’accesso ai dati praticato dai familiari del de cuius.
Come si può trasmettere
E’ possibile trasmettere la propria eredità digitale effettuando testamento.
Per un’analisi completa del testamento olografo si rinvia al seguente articolo: https://www.lexplain.it/il-testamento-olografo/
Inoltre, diverse piattaforme come Google o Facebook rendono possibile gestire la propria identità digitale per il periodo successivo alla propria morte.
Facebook dà la possibilità di indicare, ad esempio, un contatto erede con il compito di gestire il profilo facebook del defunto dopo la sua morte.
Clausole contrattuali per l'eredità digitale
L’identità digitale del defunto può essere regolamentata da specifiche clausole contrattuali che stabiliscono cosa avverrà in caso di decesso dell’utente.
Può essere prevista, ad esempio, la chiusura di un account social per il periodo successivo alla morte del soggetto.
Se si intende trasmettere la propria eredità digitale, dunque, vanno verificati questi aspetti.
Cosa succede in caso di mancata comunicazione del defunto delle credenziali di accesso?
Per il chiamato all’eredità l’accesso ai dati digitali del defunto può rivelarsi un’operazione particolarmente complessa, nel caso in cui lo stesso non abbia comunicato le credenziali di accesso.
In tali ipotesi è possibile inoltrare specifica richiesta ai provider (Facebook, Google ecc…).
Solitamente queste piattaforme contemplano una procedura specifica per il recupero delle credenziali di persona deceduta.