La revisione del processo penale è un mezzo straordinario al quale si ricorre quando vi sia il fondato motivo di ritenere che sussistano altri motivi, precedentemente non considerati, che possano provare l’innocenza del condannato.
La revisione ha lo scopo di ottenere il proscioglimento con assoluzione del condannato, il non doversi procedere, oppure l’estinzione del reato.
Questo significa che la revisione del processo non può mai giungere a risultati minori, per esempio escludendo un’aggravante.
Spieghiamo cos’è la revisione del processo penale e come funziona.
Cos’è la revisione del processo penale
La revisione del processo penale, a differenza dell’appello e del ricorso per Cassazione, è un mezzo di impugnazione straordinario e si caratterizza per la sua idoneità a travolgere il giudicato (artt. 629 e ss. c.p.p.).
Cosa significa?
I mezzi ordinari di impugnazione sono in grado di intervenire nel corso del procedimento e quindi influire sul tipo di sentenza definitiva che verrà emessa dal Tribunale.
Al contrario, invece, la revisione è lo strumento esperibile nei confronti delle sentenze irrevocabili (art. 648, co. 1, c.p.p.), ovvero uei provvedimenti contro i quali stati esperiti tutti i mezzi di impugnazione e che per questo sono definiti come "passati in giudicato".
In ossequio al principio del favor rei, secondo cui nessuno può essere condannato per un fatto che non è più previsto come reato dall'ordinamento, la revisione permette di avvalersi di questo particolare mezzo di impugnazione straordinario.
Volendo fare un esempio in cui Tizio sia stato condannato alla reclusione in carcere per un determinato reato e che questo, anni dopo, sia depenalizzato o abrogato (ndr., lo Stato lo ritenga di scarsa offensività e non più penalmente rilevante da un punto di vista sociale). In tale situazione, sarebbe assurdo ritenere che Tizio debba ancora scontare la sua pena in carcere.
Quali sentenze sono soggette a revisione
La revisione ha ad oggetto le sentenze irrevocabili tassativamente indicate dalla legge, ai sensi dell’art. 629 c.p.p.:
“È ammessa in ogni tempo a favore dei condannati, nei casi determinati dalla legge, la revisione delle sentenze di condanna o delle sentenze emesse ai sensi dell'articolo 444, comma 2, o dei decreti penali di condanna, divenuti irrevocabili, anche se la pena è già stata eseguita o è estinta”.
Più precisamente si tratta di pronunce irrevocabili con contenuto di condanna, anche se di patteggiamento. Tra queste rientrano anche il decreto penale di condanna e le sentenze di condanna rese dal GIP o dal giudice del dibattimento.
Al contrario, però, la revisione non opera con riferimento alle sentenze di proscioglimento per assoluzione o per non doversi procedere, perchè non comportano una condanna.
I casi in cui si può chiedere la revisione del processo penale: l’art. 630 c.p.p.
L’ordinamento indica i casi obbligatori che legittimano l’istanza di revisione della sentenza irrevocabile all’art. 630 c.p.p.:
“Fuori dei casi disciplinati dall’articolo 628 bis, il condannato o la persona sottoposta a misura di sicurezza con sentenza passata in giudicato nei cui confronti si sia proceduto in assenza può ottenere la rescissione del giudicato qualora provi che sia stato dichiarato assente in mancanza dei presupposti previsti dall’articolo 420 bis, e che non abbia potuto proporre impugnazione della sentenza nei termini senza sua colpa, salvo risulti che abbia avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo prima della pronuncia della sentenza.
La richiesta è presentata alla corte di appello nel cui distretto ha sede il giudice che ha emesso il provvedimento, a pena di inammissibilità, personalmente dall’interessato o da un difensore munito di procura speciale entro trenta giorni dal momento dell’avvenuta conoscenza della sentenza.
La corte di appello provvede ai sensi dell’articolo 127 e, se accoglie la richiesta, revoca la sentenza e dispone la trasmissione degli atti al giudice della fase o del grado in cui si è verificata la nullità.
Si applicano gli articoli 635 e 640”.
La revisione, proprio per la sua attitudine a travolgere la pronuncia passata in giudicato, è necessariamente confinata a quattro ipotesi tassative e che, incentrate su circostanze specifiche, hanno l'attitudine a mettere in dubbio l’esattezza della sentenza precedentemente emessa.
Le ipotesi, sinteticamente, possono essere riassunte così:
- l’inconciliabilità dei fatti reali e che invece sono stati posti a fondamento dell’altra sentenza passata in giudicato;
- la revoca sopravvenuta della sentenza pregiudiziale, civile o amministrativa e da cui è discesa la condanna;
- nuove prove sopravvenute che testimoniano l’innocenza del condannato;
- falsità in atti o in giudizio, oppure la condanna per un altro fatto-reato.Revisione del processo penale: termini e competenza
La revisione è esperibile senza limiti di tempo, a differenza di quanto accade per le impugnazioni ordinarie il cui termine è sempre fissato a pena di decadenza.
La competenza a decidere è rimessa innanzi alla Corte d’Appello.
Nel caso di un imputato minorenne, ci si rivolgerà alla sezione minorenni della Corte d’Appello.
Chi può chiedere e ottenere la revisione del processo penale
Secondo l’art. 632 c.p.p. sono legittimati a chiedere la revisione:
- il condannato;
- colui il quale eserciti sul condannato l’autorità tutoria;
- l’erede o il prossimo congiunto, se il condannato sia morto;
- il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello nel distretto in cui la sentenza irrevocabile sia stata emessa.
Come funziona la revisione del processo: la procedura
Come visto, la revisione è un mezzo di impugnazione straordinario e, in quanto tale, anche il suo procedimento è peculiare.
Si tratta di un procedimento guidato dalla straordinarietà e che necessita di un controllo preventivo di ammissibilità compiuto dalla Corte d’Appello:
- se la richiesta non è manifestamente infondata;
- se sono stati rispettati gli adempimenti di rito (per esempio, la specifica indicazione delle prove);
- se il caso sottoposto a giudizio rientra tra le ipotesi tassativamente indicate ex art. 630 c.p.p.
Inoltre, qualora al giudice pervenga (irritualmente) il parere del Pubblico Ministero sull’istanza di revisione questo, a pena di nullità, deve essere comunicato a chi ne ha fatto richiesta e ciò al fine della corretta instaurazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio (SS. UU. 1589/2012).
Qualora venisse dichiarata l’inammissibilità dell’istanza di revisione, questa può essere rimessa dinanzi alla Corte di Cassazione con ricorso (art. 634 c.p.p.).
Nel caso in cui la revisione avesse esito positivo, il condannato potrebbe usufruire della sospensione dell’esecuzione della pena e tornare in libertà. Tuttavia, questa verrebbe eventualmente mitigata da una misura limitativa della stessa.
Il giudizio si svolge in pubblica udienza, a seguito di decreto di citazione a giudizio e, se necessario, può essere esperita un’attività di istruzione probatoria.
Al termine, viene emessa la sentenza.
Anche questa sentenza di revisione emessa dalla Corte d’Appello è sempre ricorribile per Cassazione.
Quali sono gli elementi che devono essere valutati nel corso della revisione?
La risposta può essere rintracciata in una recente pronuncia della giurisprudenza.
Corte di Cassazione, sezione 2, 23 marzo 2023, n. 12195
"In tema di revisione, per prove nuove rilevanti a norma dell'art. 630 lett. c) cod. proc. pen. ai fini dell'ammissibilità della relativa istanza devono intendersi non solo le prove sopravvenute alla sentenza definitiva di condanna e quelle scoperte successivamente ad essa, ma anche quelle non acquisite nel precedente giudizio ovvero acquisite, ma non valutate neanche implicitamente, purché non si tratti di prove dichiarate inammissibili o ritenute superflue dal giudice, e indipendentemente dalla circostanza che l'omessa conoscenza da parte di quest'ultimo sia imputabile a comportamento processuale negligente o addirittura doloso del condannato, rilevante solo ai fini del diritto alla riparazione dell'errore giudiziario. Le prove nuove per legittimare la revisione del processo devono, comunque, essere decisive, ovvero idonee a scardinare l'impianto probatorio posto a fondamento della condanna irrevocabile".
Sono quindi "prove nuove e rilevanti", così come definito all'art. 630, lett. c), c.p.p.:
- le prove sopravvenute;
- le prove scoperte dopo la sentenza definitiva di condanna;
- le prove non precedentemente acquisite nel corso del processo;
- le prove che, sebbene acquisite, non siano state analizzate.
In ogni caso, perchè le prove possano legittimare la revisione del processo devono essere così decisive da poter scardinare il fondamento su cui sia stata basata la sentenza di condanna passata in giudicato.
Cosa comporta la revisione
La revisione ha l'effetto di ottenere il proscioglimento con assoluzione del condannato, il non doversi procedere, oppure l’estinzione del reato.
Ciò significa che non può mai giungere a risultati minori, per esempio l’esclusione di un’aggravante.
Il soggetto investito dall’esito positivo della revisione può aver diritto alla riparazione pecuniaria, prescindendo dal dolo o dalla colpa (lieve o grave).
L’istanza di riparazione pecuniaria deve essere proposta innanzi alla Corte d’Appello.
Il ristoro economico in caso di ingiusta detenzione può arrivare fino a 516.450, 90 euro, mentre nel caso di errore giudiziario non esistono limiti pecuniari.