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17 Agosto 2023
15:00

Cosa succede se un bagnino non salva il bagnante

Il bagnino è una persona esercente servizio di pubblica necessità, ai sensi dell'art. 359 c.p., e in quanto tale assume una posizione di garanzia prevista dall'ordinamento e per la quale è tenuto a vigilare sui bagnanti, intervenire tempestivamente in caso di necessità e controllare le condizione del mare e del vento. Quali doveri ha il bagnino, cosa rischia il bagnino che non interviene e quali responsabilità gli sono riconosciute dalla legge?

Cosa succede se un bagnino non salva il bagnante
Dottoressa in Giurisprudenza
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Lo scorso agosto ha fatto parlare di sé la vicenda che ha coinvolto un bagnino del litorale di Terracina che, avendo sgridato dei ragazzini (due di 14 anni e uno di 13) per essersi spinti così a largo da non essere più visibili neppure con i binocoli, veniva aggredito e malmenato dal padre di uno di loro dopo averli soccorsi.

Così come quello che è accaduto qualche settimana prima a Marina di Camerota, dove un bagnino, redarguendo i bagnanti dal non tuffarsi per il mare agitato, si era ritrovato a dover salvare due turisti e a rimproverarli per non avergli dato ascolto. Anche in questo caso, il bagnino ha avuto la peggio, finendo per essere picchiato dai turisti.

Ma cosa rischia il bagnino in caso di mancato intervento e quali sono le sue responsabilità?

Andiamo con ordine e cerchiamo di fare luce anche su quali sono i doveri dell’assistente bagnanti.

Quali compiti ha il bagnino?

Partiamo con il dire che il bagnino, in quanto addetto alla sicurezza balneare, svolge un vero e proprio “servizio di pubblica necessità” e rientra quindi nella previsione di cui all’articolo 359 del Codice Penale, adempiendo a un servizio di interesse pubblico di cui non è possibile fare a meno.

E del resto la legge prevede l’obbligo del bagnino in tutte le spiagge, a dirlo è il Decreto Ministeriale 1 marzo 1996, Norme di sicurezza per la costruzione e l'esercizio degli impianti sportivi , ma anche l'Accordo del 16 gennaio 2003 tra il Ministro della salute, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sugli aspetti igienico-sanitari per la costruzione, la manutenzione e la vigilanza delle piscine a uso natatorio.

Il bagnino, sebbene non sia un pubblico ufficiale (non ha poteri autoritativi e certificativi, come un agente di polizia o un medico primario) e neppure un soggetto incaricato di un pubblico servizio (cioè non presta alcun servizio pubblico, come una guardia giurata oppure un custode del cimitero), è chiamato a intervenire sia in mare che in piscina ed è chiamato a garantire l’incolumità balneare.

In quanto esercente un servizio di pubblica necessità e oltre ad occuparsi talvolta anche dell’allestimento dei servizi (cabine, ombrelloni e quant’altro) il bagnino ha il compito di:

  • controllare le condizioni meteo-marine;
  • segnalare le condizione del mare e del vento con l’apposizione di bandiere;
  • vigilare sulle condizioni dell’acqua;
  • condurre i mezzi di salvataggio;
  • salvaguardare l’incolumità fisica dei bagnanti;
  • verificare l’adeguatezza delle attrezzature di salvataggio e di primo soccorso;
  • indica ai bagnanti il comportamento più opportuno e li assiste in caso di difficoltà;
  • praticare manovre di primo soccorso in caso di incidenti;
  • interviene tempestivamente in caso di pericolo o annegamento.

Proprio per i compiti richiamati e l’importanza della sua mansione, è possibile diventare bagnino solo dopo aver conseguito il brevetto e attenendosi ai corsi di aggiornamento.

Il brevetto viene rilasciato al termine dei corsi obbligatori e in materia di: elementi di pronto soccorso; normativa sulla salute e sicurezza dei lavoratori; norme comportamentali per i bagnanti; elementi di impiantistica di balneazione.

Cosa rischia il bagnino che non interviene a salvare il natante

Il bagnino, in quanto ricompreso nella definizione di soggetto esercente un servizio di pubblica necessità ex art. 359 c.p., assume anche la posizione di garanzia esplicitata dall’ordinamento all’articolo 40, comma 2, del Codice Penale.

In quanto tale, il bagnino ha il dovere di controllare, tutelare e intervenire al fine di scongiurare eventi gravi che, a tutti gli effetti, ha l’obbligo giuridico di evitare.

Ciò significa che viene a verificarsi un’equivalenza vera e propria tra l’aver cagionato un evento e non averlo impedito, dal momento che qualora il bagnino non intervenisse risponderebbe a titolo di colpa (cioè essersi comportato con imprudenza, negligenza e imperizia) cagionando un cd. reato omissivo improprio.

A dirlo è anche la Corte di Cassazione, sezione 4, sentenza 7 maggio 2020, n. 13848:

Il bagnino […] è titolare, ai sensi dell'articolo 40, comma secondo, cod. pen., di una posizione di garanzia in forza della quale egli è tenuto a sorvegliare gli utenti della stessa per garantirne l'incolumità fisica.

Pensiamo infatti al caso in cui un bagnino, non accortosi di una persona in mare in stato di difficoltà, non sia intervenuto tempestivamente con i soccorsi al fine di evitarne l’inabissamento che poi ha portato alla morte per annegamento.

Cosa rischia in questo caso il bagnino che non interviene?

Il bagnino risponderebbe del reato di omicidio colposo, ex art. 589 c.p. e potrebbe essere punito con la pena della reclusione da 6 mesi a 5 anni per aver violato i propri doveri di diligenza, prudenza e perizia che altrimenti gli avrebbero permesso di intervenire immediatamente e salvare il natante.

Tuttavia, se il bagnino fosse stato l’unico presente a dover fronteggiare un numero elevato di bagnanti su un’area estesa di litorale (la legge infatti prevede che oltre i 20 bagnanti nel raggio di 80 metri, occorra l’intervento di due bagnini), la responsabilità per l’annegamento del bagnante sarà imputabile allo stabilimento balneare (così come affermato dalla Corte di Cassazione, sezione 4, sentenza 1 ottobre 2012, n, 38024).

La responsabilità del bagnino

Il bagnino, nell’assolvimento dei compiti e della mansione, assume su di sé sia la responsabilità civile, sia la responsabilità penale.

Vediamo di seguito in che modo.

Per quanto concerne la responsabilità civile, il bagnino risponde a titolo di responsabilità contrattuale ai sensi dell’articolo 1218 del Codice Civile, poiché sottoscrive un contratto con lo stabilimento balneare, o meglio con il suo datore, e si obbliga contrattualmente all’assolvimento della mansione.

Così come, assume anche la cd. responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 del Codice Civile (detta anche responsabilità aquiliana, dalla Lex Aquilia, ) e con cui viene sancita l’obbligo di non commettere fatti illeciti, dolosi o colposi che siano, tali da cagionare ad altri un danno ingiusto (ad esempio non intervenendo in caso di necessità).

Ovviamente, affinchè il bagnino possa essere ritenuto responsabile di un certo incidente, occorre la sussistenza del nesso causale (ovvero causa-effetto) tra il comportamento tenuto e l’evento verificatosi.

Il bagnino, in caso di violazione dei propri compiti, risponde anche a titolo di responsabilità penale per non aver appunto impedito colposamente il verificarsi di un evento lesivo.

La colpa si connota di alcuni aspetti fondamentali:

  • negligenza, ovvero agendo senza avvedersi dei propri doveri (per esempio, il bagnino che si distragga frequentemente e in maniera prolungata al cellulare senza rendersi conto di ciò che avviene in acqua);
  • imprudenza, cioè attenendosi a condotte deliberatamente pericolose e contrarie alle regole sociali (così come il bagnino che, con il mare molto agitato, si rechi a nuoto dal natante e non avvalendosi del pattino di salvataggio apposito, mettendo in pericolo sé e gli altri);
  • imperizia, nel momento in cui non è in grado di attenersi una condotta che, per il ruolo che assume, si ritiene una conoscenza tecnica imprescindibile (pensiamo al bagnino che non sappia nuotare oppure che non sappia praticare le manovre di salvamento in mare);
  • inosservanza di leggi e ordinamenti, non rispettando quindi le regole previste dall’ordinamento.

Ricordiamo, infatti, che il bagnino ha l’obbligo di intervenire in situazioni di difficoltà anche allertando le forze dell’ordine.

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Virginia Sacco
Dottoressa in Giurisprudenza
Dopo la laurea presso l'Università degli Studi di Napoli - Federico II, ho seguito le mie passioni specializzandomi prima in Sicurezza economica, Geopolitica e Intelligence presso SIOI - UN ITALY e, successivamente, in Diritto dell'Unione Europea presso il mio ateneo di origine. Ho concluso la pratica forese in ambito penale, occupandomi di reati finanziari e doganali. Nel corso degli anni ho preso parte attivamente a eventi, attività e progetti a livello europeo e internazionale, approfondendo i temi della cooperazione giudiziaria e del diritto penale internazionale. Ho scritto di cybersicurezza, minacce informatiche e sicurezza internazionale per "Agenda Digitale" e "Cyber Security 360". Su Lexplain scrivo di diritto con parole semplici e accessibili.
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