L’Italia è sempre più esposta a violente evoluzioni meteorologiche che costringono i Comuni, le Regioni a diramare avvisi di allerta meteo per salvaguardare i cittadini dai pericoli del maltempo e dal rischio idrogeologico. Secondo le stime della Protezione Civile italiana circa il 94% dei comuni italiani è a rischio inondazioni, frane ed erosione costiera.
Alluvioni, forti temporali o improvvise raffiche di vento, che sempre più frequentemente sono il sinonimo della chiusura di strada e scuole, con la conseguenza di costringere il lavoratore ad arrivare in ritardo o assentarsi dal posto di lavoro a causa del maltempo.
Al momento non esiste una disciplina specifica in caso di assenza del lavoratore dovuta a disagi meteorologici, poichè non vi è alcun obbligo di legge per il datore affinché predisponga in questi casi lo smart working, che resta invece ancora una scelta discrezionale. In linea di massima, quindi, è possibile far riferimento ai principi generali del Codice Civile e quanto eventualmente previsto dal CCNL di riferimento.
Facciamo chiarezza.
Cosa dice il Codice Civile
L’assenza del lavoratore dovuta al maltempo rientra tra le cause non imputabili alla sua volontà e, per questa ragione, pienamente legittima alla stregua di quanto previsto dagli artt. 1218, 1256, 1463 e 1464 del Codice Civile.
Del resto, l’impossibilità di realizzare la prestazione per cause non imputabili né al lavoratore né al datore, come l’allerta meteo che impedisca di raggiungere il luogo di lavoro, rappresenta una vera e propria impossibilità sopravvenuta per cui la mancata esecuzione dell’attività lavorativa non può essere sanzionata.
Occorre però fare delle precisazioni: sebbene l’eccezionalità dei violenti episodi meteorologici è un impedimento oggettivo, ciò non giustifica in senso assoluto il lavoratore a non presentarsi a l lavoro, ma anzi necessità comunque di una valutazione soggettiva.
Ai sensi dell’articolo 1218 del Codice Civile, grava sul lavoratore l’onere della prova, ovvero dimostrare che il mancato raggiungimento del luogo di lavoro è estraneo alla sua volontà.
Vale a dire che l'impedimento deve essere effettivo e non superabile neppure ricorrendo alla buona diligenza, di cui all’art. 2104 c.c.
In assenza di queste condizioni, a carico del lavoratore assente scatta l’addebito disciplinare (art. 2106).
Per evitare la sanzione disciplinare, il lavoratore ha il dovere di comunicare tempestivamente al datore la sua assenza e le ragioni dell’impedimento.
Dipendenti pubblici e maltempo
In presenza di specifiche ordinanze e comunicati emessi dalle autorità locali che vietino la circolazione dei mezzi o dispongano la chiusura di scuole e uffici pubblici, il dipendente pubblico si troverà innanzi l’impossibilità oggettiva di svolgere la propria attività lavorativa.
L’amministrazione pubblica, quindi, non potrà sanzionare l’assenza del lavoratore e sarà comunque tenuta a corrispondere la retribuzione.
Inoltre, alla stregua dei Contratti Collettivi Nazionali (CCNL) Ministeri, in caso di calamità naturale che impedisca oggettivamente il raggiungimento della sede di servizio, possono essere concessi dei permessi retribuiti.
Dipendenti privati e maltempo
Per i lavoratori del settore privato, è il datore di lavoro a scegliere discrezionalmente circa lo svolgimento delle attività e indipendentemente dall’emanazione di ordinanze e allerte meteo.
Il datore di lavoro può scegliere di predisporre per i lavoratori modalità di lavoro a distanza o lavoro agile, ma non vi è alcun obbligo in tal senso.
Tuttavia può accadere che il maltempo sia così forte da impedire al dipendente di recarsi in ufficio: affinché tale assenza sia giustificata, poiché estranea alla volontà del lavoratore, dovrà essere comunicata tempestivamente all’azienda e giustificata con idonea motivazione.
Cosa fare in caso di ritardo
Può accadere che, a causa di disagi meteorologici, il dipendente sia costretto ad arrivare in ritardo in ufficio. Strade allagate, stop dei treni e mezzi pubblici bloccati dovranno essere dimostrati dal lavoratore.
In linea di massima il ritardo non è soggetto a sanzioni, specialmente se l’azienda preveda l’elasticità di orario in ingresso e in uscita dall’ufficio. Ove ciò non sia previsto però occorre ricordare che il ritardo non è retribuito, salvo che non venga recuperato in accordo con il datore di lavoro.