Il Consiglio di Stato, sezione 4, con sentenza n. 9188/2023 depositata martedì 24 ottobre ha deciso in modo conforme alla precedente decisione emessa già dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea, sezione 2, sentenza 22 dicembre 2022, n. 83/21 in tema di affitti brevi.
In particolare, i giudici di Palazzo Spada hanno affermato per Airbnb e per le altre piattaforme online di prenotazione l’obbligo di riscuotere e versare allo Stato la cedolare secca.
Airbnb, Booking e altri portali online che gestiscono le prenotazioni e ne processano i pagamenti trattenendo per sé una commissione per i servizi, prelevano la ritenuta d’acconto da chi soggiorna assolvendo così al ruolo di intermediari. Proprio questo aspetto li obbligherebbe ad assolvere al versamento nelle casse dello Stato della ritenuta d’acconto.
Federalberghi e Assohotel applaudono la pronuncia del Consiglio di Stato che pone un freno al far west di affitti brevi indiscriminati in tutte le città italiane, sanando finalmente circa 500 milioni di euro di tasse non versate all’Agenzia delle Entrate.
Vediamo i fatti oggetto della sentenza del Consiglio di Stato.
Il fatto
La querelle giudiziaria affrontata dai giudici di Palazzo Spada prende atto di una precedente decisione presa dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sezione 2, sentenza n. 23/21.
La Corte, con sede in Lussemburgo, era stata chiamata a decidere sulla controversia sorta tra Airbnb Ireland UC, Airbnb UK Ltd (appartenenti alla multinazionale Airbnb) e Agenzia delle Entrate.
Il direttore di ADE aveva infatti riconosciuto l’attuazione del nuovo regime fiscale anche con riferimento agli affitti brevi (cioè quelli inferiori ai 30 giorni) conclusi dagli intermediari online e contro cui la multinazionale Airbnb aveva proposto ricorso per ottenere l’annullamento del provvedimento. Sul punto, la CGUE è stata chiamata a interpretare le norme di diritto comunitario in merito agli obblighi di legge nazionale dovuti agli intermediari immobiliari.
I giudici comunitari si erano infatti pronunciati ritenendo:
- l’obbligo di racconta e comunicazione dei dati all’autorità fiscale non contrasta con il divieto previsto ai sensi dell’art. 56 del TFUE, poiché opponibile a tutte le attività presenti sul territorio nazionale;
- l’obbligo di ritenuta richiesto dall’Italia, non vieta e non ostacola la libera prestazione dei servizi forniti da Airbnb;
- l’obbligo di designare un rappresentante fiscale, così come richiesto dall’Italia, è invece ritenuto confliggente con il principio di libera prestazione dei servizi di cui all’art. 56 TFUE.
I giudici del Consiglio di Stato, sezione IV, ha sostanzialmente accolto quanto deciso dalla CGUE con il risultato di accogliere il ricorso presentato dalla multinazionale Airbnb esclusivamente in riferimento all’obbligo di nomina di un rappresentante fiscale per gli intermediari immobiliari non residenti in Italia richiesto da Agenzia delle Entrate.
Al contrario però, come si legge dalla sentenza di Palazzo Spada, tutti gli altri motivi oggetto di ricorso da parte di Airbnb (e che hanno rappresentato la parte più consistente e corposa del ricorsa) sono stati integralmente respinti.
Il Consiglio di Stato ha, quindi, confermato quanto previsto dal Decreto Legge 50/2017 in tema di locazioni brevi e obbligo di versamento della cedolare secca, non ritenendo affatto più gravoso il trattamento italiano rispetto a quello previsto in altri Stati e come invece argomentato da Airbnb.
E’ possibile consultare il testo integrale del Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza n. 9188:2023.