Si parla di concorso apparente di norme ogni volta in cui, in astratto, sembri che l’azione o l’omissione illecita commessa dal soggetto agente possa essere punita sotto forma di due (o più) reati contemporaneamente.
Nel diritto penale non è contemplabile uno scenario simile, dal momento che nessuno può essere punito due volte per uno stesso fatto.
Secondo la dottrina, per dirimere il contrasto tra norme sarebbe necessario affidarsi ad alcuni criteri mediante i quali comprendere quale delle norme sovrapposte meglio si applicherebbe al caso concreto.
Il concorso apparente di norme non deve però essere confuso con il diverso concorso di reati e che attiene al caso in cui l’autore, con una medesima azione, viola diverse disposizioni di legge.
Vediamo cosa si intende per concorso apparente di norme con degli esempi, quali sono i criteri necessari per risolvere il contrasto e qual è la differenza con il concorso di reati.
Cosa si intende per concorso apparente di norme
Il concorso apparente di norme si riferisce a tutti quei casi in cui il soggetto agente, ovvero l’autore, commetta un reato e la cui condotta sembri essere punita simultaneamente da o più norme del Codice Penale.
Il diritto penale, tuttavia, esclude che per uno stesso e unico fatto la persona possa essere chiamata a rispondere di diversi titoli di reato, richiamando il principio del ne bis in idem.
Tale principio costituisce il fondamento imprescindibile grazie al quale è possibile evitare l’applicazione contemporanea di più norme per uno stesso fatto-reato, vale a dire il fenomeno che prende anche il nome di concorso apparente di norme coesistenti.
Infatti, è possibile parlare di concorso (oppure conflitto) apparente di norme tutte le volte in cui, in via astratta, due o più norme sembrano essere applicabili allo stesso reato, sebbene in concreto l’applicazione di una di esse escluda l’altra.
Concorso apparente di norme: un esempio
Proviamo a spiegare il concorso apparente di norme con un esempio.
Tizio, Caio e Sempronio sono amici di lunga data.
Tizio, esperto di mercati finanziari e di conversioni di valute estere, confidando nell’affidamento dei suoi amici, propone a questi un investimento con la promessa che, alla data di scadenza, riceveranno gli eventuali interessi maturati.
Giunta la data fissata e dopo le insistenti richieste di Caio e Sempronio, Tizio si dice impossibilitato a restituire le somme versate a causa di un imprevisto crollo in borsa, tuttavia senza fornire alcuna documentazione come prova.
La condotta di Tizio sembrerebbe configurare allo stesso tempo sia il reato di truffa (640 c.p.) che quello di appropriazione indebita (646 c.p.), vale a dire un concorso apparente di norme.
A ben vedere però, la truffa si differenzia dall’appropriazione indebita perché nella prima l’agente ottiene la consegna della cosa in virtù di un inganno, mentre nel caso dell’appropriazione indebita si presuppone che l’agente entri in possesso della cosa per libero affidamento.
Come dirimere il conflitto apparente di norme
Particolarmente discusso in dottrina è il modo per realizzare il principio di diritto sostanziale del ne bis in idem, ovvero a quali e quanti criteri affidarsi per poter dirimere il conflitto apparente di norme.
Il criterio di specialità
Il criterio di specialità presuppone che fra due norme sussista un rapporto di genere a specie il quale comporta la priorità della norma speciale su quella generale.
Secondo l’art. 15 c.p.
“Quando più leggi penali o più disposizioni della medesima legge penale regolano la stessa materia, la legge o la disposizione di legge speciale deroga alla legge o alla disposizione di legge generale, salvo che sia altrimenti stabilito”.
Si ritiene norma speciale quella che contiene, oltre agli elementi compresi nella fattispecie generale, anche elementi specifici e particolari. Tali elementi ulteriori possono essere infatti definiti come specializzati.
Per questa ragione, secondo il criterio di specialità, il rapporto di genere a specie consente alla norma speciale di prevale su quella generale.
Il criterio di sussidiarietà
Il criterio di sussidiarietà parte dal presupposto secondo il quale le cd. norme sussidiarie trovano applicazione solo nei casi in cui non possano ritenersi integrate altre norme primarie.
Si tratta di un criterio valido in tutti i rami del diritto e al quale il legislatore affida la risoluzione di situazioni che possano ritenersi prive di disciplina.
Accolto anche nel codice penale, il criterio di sussidiarietà trova frequentemente applicazione nel caso di norme di chiusura dell’assetto punitivo.
Si tratta quindi di quelle norme la cui applicabilità è rimessa alla formula
“se il fatto non è previsto come reato da altra norma”
oppure
“salvo che il fatto costituisca più grave reato”
e altre espressioni analoghe.
A differenza del principio di specialità, il criterio di sussidiarietà tende a lasciare prevalere la norma primaria su quella sussidiaria.
Il criterio di assorbimento
Secondo il criterio di assorbimento (detto anche di consunzione) se uno stesso fatto rientra nella previsione di due norme aventi portata diversa, la norma di portata maggiore è in grado di assorbire in sé quella di portata minore.
Il criterio di assorbimento tende, quindi, a esprimere la relazione tra due norme di cui una abbia portata maggiore rispetto all’altra e secondo cui la norma più ampia assorbirebbe il disvalore giuridico contemplato in quella minore.
La giurisprudenza prevalente si ritiene contraria al criterio di assorbimento quale elemento risolutivo del contrasto apparente tra norme, che invece dovrebbe trovare applicazione nel caso della del concorso di reati (art. 81 c.p.).
Il criterio di assorbimento è espressamente disciplinato all’art. 84 c.p. e che trova applicazione nei casi del reato complesso e del reato progressivo.
Il reato complesso tende a definire quel tipo di reato i cui elementi costitutivi o le cui aggravanti sono previste come reati a se stanti da norme diverse.
E’ il caso della rapina che assorbe gli elementi costitutivi del reato di furto e di violenza privata.
Il reato progressivo viene a configurarsi nel caso in cui l'agente, da una condotta iniziale che realizza un tipo di reato, pone in essere un nuovo reato che presuppone il primo.
Così come nel caso del passaggio dal sequestro di persona alla riduzione in schiavitù.
La differenza tra concorso di norme e concorso di reati
Il concorso apparente di norme deve essere distinto dal diverso caso del concorso di reati.
Il concorso di reati, infatti, definisce quella situazione secondo la quale l’agente, con una medesima azione, viola diverse disposizioni di legge.
E’ possibile infatti parlare di concorso materiale di reati ove, con una pluralità di azioni od omissioni, vengono commessi più reati. Il concorso è senz’altro reale e non apparente e secondo questo, ognuna delle norme violate ha una propria applicazione.
Ne è un esempio Tizio che percuote, ruba e ammazza e che verrà condannato per i reati di lesioni, furto e omicidio.
Diversamente, si parla di concorso formale di reati ove, con una sola azione oppure omissione, si violano più disposizioni di legge (per es. come nel caso di chi, con un colpo di pistola, ammazza una persona e ne ferisce una di passaggio) oppure si viola per più volte la stessa disposizione (per es. l’autista che investe contemporaneamente due pedoni ferendoli).
In conclusione, mentre nel caso del concorso di reati vengono a verificarsi più azioni o una sola azione, ma sempre più reati, nel caso del concorso apparente di norme, si verifica un’unica azione e un unico reato.