Le cause di estinzione del reato sono quei fatti giuridici che estinguono la punibilità in astratto dell’illecito penalmente rilevante commesso, facendo venir meno qualunque tipo di pretesa punitiva dello Stato.
Secondo il legislatore, infatti, si tratta di singole ipotesi racchiuse all’interno del Titolo VI, Capitolo I, del Libro I del codice penale e che, una volta sopravvenute, escludono l’applicabilità della pena nei confronti dell’autore del reato.
Le singole ipotesi di estinzione del reato sono:
- la morte del reo prima della condanna (art. 150 c.p.);
- l’amnistia propria (art. 151 c.p.);
- la remissione della querela (art. 152 c.p.);
- la prescrizione (art. 157 c.p.);
- l’oblazione nelle contravvenzioni (art. 162 c.p.);
- l’estinzione del reato per condotte riparatorie (art. 162 ter c.p.);
- la sospensione condizionale della pena (art. 167 c.p.);
- l’esito positivo della messa alla prova (art. 168 bis c.p.);
- il perdono giudiziale per i minori degli anni 18 (art. 169 c.p.).
Vediamole di seguito.
Morte del reo
La morte del reo intervenuta prima della sentenza definitiva di condanna, così come previsto all’articolo 150 del Codice Penale, estingue il reato.
Infatti, la morte estingue tutte le pene principali e accessorie, permangono soltanto le obbligazioni civili conseguenti dal reato. Il principio di personalità della responsabilità penale ostacola la trasmissione degli effetti di natura penale derivanti dal reato.
Viceversa, si trasmettono agli eredi quelle obbligazioni civili nascenti dallo stesso (per esempio, la restituzione e il risarcimento del danno).
Ad ogni modo, il giudice, a norma dell’art. 129 c.p.p., pronuncia il proscioglimento nel merito dell’imputato defunto, nel caso in cui ritenesse il fatto non sussistente, non costituente reato, oppure che non sia stato commesso dall’imputato, dal momento che tali formule sono quelle di proscioglimento più favorevoli alla posizione dell’imputato.
Secondo la giurisprudenza (Corte di Cassazione, 22 marzo 2004, n. 13910), la morte del reo rappresenta la causa di estinzione del reato che prevale su ogni altra causa di estinzione, anche sulla prescrizione, e sempre che non sussistano elementi a sostegno di una causa di non punibilità immediatamente applicabili, come previsto ex art 129 c.p.p..
Amnistia propria
L’amnistia è disciplinata all’art 151 c.p. ed è un provvedimento legislativo di carattere generale e astratto, con cui lo Stato rinuncia alla pretesa punitiva per alcuni tipi di reati commessi entro un certo lasso di tempo.
Per effetto della Legge Costituzionale 6 marzo 1992, n. 1, l'amnistia è concessa con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera.
L’amnistia si distingue tra:
- propria, con riferimento a quei reati per i quali non è ancora intervenuta una sentenza irrevocabile di condanna;
- impropria, nel caso in cui sia già stata pronunciata una sentenza penale irrevocabile di condanna.
Solo la prima, ovvero l’amnistia propria, estingue il reato poiché ne impedisce l’accertamento.
La remissione di querela
La remissione della querela è disciplinata all’art. 152 c.p. ed è un diritto esclusivamente spettante alla persona offesa.
La querela, oltre ad essere una condizione di procedibilità per taluni tipi di reati, rappresenta prima di tutto la manifestazione della volontà della vittima affinché venga perseguito il reato.
Di contro, il querelante ha anche il diritto a manifestare la propria volontà opposta, ovvero di rinunciare al perseguimento del reato mediante la remissione della querela.
La remissione extraprocessuale della querela può essere espressa oppure tacita: mentre la prima deve risultare da atti espliciti e formali, la seconda da atti incompatibili con la volontà di persistere nella querela, cioè da tutti quei comportamenti inequivoci, sostanzialmente inconciliabili con la richiesta di punizioni.
La volontà non può essere desunta da mere omissioni, come la mancata comparizione in udienza oppure la mancata costituzione della parte civile, circostanze che comunque possono derivare da cause indipendenti dalla volontà della parte offesa.
La prescrizione
La prescrizione come causa di estinzione del reato è oggetto dell’art. 157 c.p. e costituisce una rinuncia dello Stato a far valere la propria pretesa punitiva, considerando il tempo trascorso e presupponendo che non sia intervenuto nessun giudicato.
Quanto al tempo necessario a prescrivere il reato, la “regola generale” come riformulata dalla Legge 5 dicembre 2005, n. 251 (cd. ex Cirielli) è che ciascun reato ha un proprio termine-base di prescrizione, così come coincidente con la pena edittale massima stabilita dalla legge e pari a 6 anni in caso di delitto e 4 anni in caso di contravvenzione.
Nel calcolo della prescrizione non si tiene conto delle circostanze, sebbene sussista una deroga nel caso delle circostanze aggravanti autonome oppure a effetto speciale che incidono sul calcolo del termine prescrizionale.
Sono circostanze autonome quelle la cui sussistenza comporta l'applicazione di una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato. Invece, sono circostanze a effetto speciale quelle che comportano una variazione di pena superiore a un terzo.
La prescrizione non estingue i reati per i quali la legge prevede la pena dell’ergastolo, anche come effetto dell’applicazione di circostanze aggravanti.
L’oblazione nelle contravvenzioni
Con l’istituto dell’oblazione si intende deflazionare il carico di lavoro che affolla le aule di giustizia, consentendo una più rapida definizione dei procedimenti che abbia a oggetto reati di minore gravità. L’istituto dell'oblazione non deve però essere confuso con l’oblazione amministrativa di competenza dell’omonima autorità, né con l’oblazione di cui al codice della strada.
L’articolo 162 bis del Codice Penale disciplina l’oblazione come causa di estinzione del reato, sia per le contravvenzioni punite con la sola ammenda, sia per quelle punite alternativamente con arresto o ammenda, purché in presenza di date condizioni.
In entrambe le ipotesi, l’oblazione consiste nel pagamento – a domanda dell’interessato – di una somma di denaro, con l’effetto di degradare il reato in illecito amministrativo.
Ai sensi dell’art. 162 c.p., l'oblazione nelle contravvenzioni punite con la sola ammenda ha luogo per le contravvenzioni a richiesta dell’interessato e consiste nel pagamento di denaro corrispondente alla terza parte del massimo della pena edittale.
Ai sensi dell’art. 162 bis c.p., l’oblazione nelle contravvenzioni punite con pene alternative dipende da una facoltà del giudice di ammettere o meno l’imputato che ne abbia fatto richiesta. Il giudice, infatti, può respingere con ordinanza la domanda quando ritenga il fatto “grave”.
Resta invece esclusa per legge:
- in caso di recidiva reiterata;
- se l’imputato è stato dichiarato contravventore abituale oppure delinquente o contravventore professionale;
- quando permangono conseguenze dannose o pericolose del reato eliminabili da parte del contravventore.
L’estinzione del reato per condotte riparatorie
La Legge 23 giugno 2017, n. 103 ha adeguato il sistema penale alla diversificazione sanzionatoria in caso di reati meno gravi, assicurando un’alternativa sia al processo che alla pena e inserendo così la previsione dell’estinzione del reato per condotte riparatorie, di cui all’articolo 162 ter del Codice Penale.
Nel caso di reati procedibili a querela e soggetta a rimessione, il giudice – sentite le parti – dichiara estinto il reato nel caso in cui l’imputato abbia integralmente riparato il danno cagionato dalla condotta illecita, entro il temine massimo della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado.
Ciò può avvenire attraverso la restituzione o il risarcimento e, ove possibile, abbia eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato.
Il risarcimento del danno può essere riconosciuto anche in seguito ad un’offerta reali, ai sensi dell’art. 1208 e ss. c.c., formulata dall’imputato e non accettata dalla persona offesa ove il giudice riconosca la congruità dell’offerta.
L’imputato, quando dimostri di non aver potuto adempiere per un fatto a lui non addebitabile entro il termine prescritto, può chiedere al giudice la fissazione di un ulteriore termine, non superiore a 6 mesi, per il pagamento e anche in forma rateale.
Il giudice, se accoglie la richiesta, ordina la sospensione del processo e fissa la successiva udienza alla scadenza del termine stabilito e comunque non oltre 90 giorni.
Una volta riparata la condotta con esito positivo, il giudice dichiara l’estinzione del reato.
Sospensione condizionale della pena
Vi sono casi innanzi ai quali l’Autorità giudiziaria, inflitta una certa pena, ne sospende l’esecuzione e ciò a condizione che, entro un certo tempo, il colpevole non commetta un nuovo reato. Si tratta della sospensione condizionale della pena, di cui all’art. 163 c.p., e prevede che qualora l’illecito fosse commesso, il reo sconterà insieme sia la vecchia che la nuova pena.
Se invece nel tempo statuito non verrà commesso un altro reato, quello ascrittogli, sarà estinto.
La sospensione dell'esecuzione della pena è ordinata per 5 anni, nel caso in cui si proceda per delitti; per 2 anni, nel caso delle contravvenzioni. In ogni caso, il termine decorre a partire dal passaggio in giudicato della sentenza che applica il beneficio.
Esito positivo della messa alla prova
Originariamente previsto solo con riguardo ai minorenni, a seguito della Legge 28 aprile 2014, n. 67 trova applicazione anche con riguardo agli imputati maggiorenni.
L’istituto opera, come afferma l'articolo 168 bis del Codice Penale, con riguardo ai procedimenti puniti con la sola pena pecuniaria o con la pena detentiva non superiore nel massimo a 4 anni, da sola, congiunta o alternativa, nonchè per quei delitti rimessi alla competenza del Tribunale in composizione monocratica e nei casi nei quali il Giudice ritenga che il colpevole si asterrà dal compimento di ulteriori reati.
Il giudice dichiara la sospensione del procedimento per un massimo non superiore ai 2 anni, nel caso di reati puniti con la pena detentiva, oppure di 1 anno per i reati puniti con la pena pecuniaria e demanda l’imputato alla prestazione subordinata di lavori di pubblica utilità.
Si tratta di un periodo di prestazione non retribuita in favore della società, la cui durata non può essere inferiore ai 10 giorni e che può essere concesso solo per una volta.
L’esito positivo della messa alla prova estingue il reato.
Il perdono giudiziale
L'istituto del perdono giudiziale è oggetto dell’art. 169 c.p. e incarna la rinuncia dello Stato a condannare il colpevole di un reato in considerazione della sua età e tale da consentirgli un più rapido recupero nella società.
Il perdono, in sostanza, estingue la punibilità del reato in astratto e ai fini della concessione occorre che:
- al momento della commissione del reato, il colpevole non abbia compiuto 18 anni;
- il minore non deve essere mai stato condannato precedentemente per delitto;
- il reato commesso non sia grave.
Il perdono non può essere concesso più di una volta ed è rimesso all’apprezzamento del giudice.
La differenza tra le cause di estinzione del reato e della pena
Sia le cause di estinzione del reato che le cause di estinzione della pena escludono la punibilità.
Queste però operano con delle differenze.
Le prime, cioè le cause di estinzione del reato, intervengono prima dell’emissione di una sentenza di condanna, estinguendo così la possibilità dello Stato di applicare la pena prevista dall’ordinamento.
Le seconde, invece, ovvero le cause di estinzione della pena possono essere applicate dopo la sentenza di condanna, sospendendo così l’esecuzione della pena inflitta dal giudice.
La differenza tra le cause di estinzione e le cause di esclusione del reato
Le cause di estinzione del reato presuppongono la responsabilità penale del reo circa un comportamento illecito commesso e innanzi al quale lo Stato rinuncia alla propria pretesa punitiva.
Di contro, si parla di cause di esclusione del reato con riferimento a quelle che l’ordinamento più comunemente definisce come cause di giustificazione (ovvero, le cause di liceità, le scriminanti o esimenti): si tratta di circostanze in presenza dei quali il comportamento seppur illecito in astratto, in concreto e autorizzato.
Sono cause di giustificazione: la legittima difesa (art. 52 c.p.), il consenso dell’avente diritto (art. 50), l’uso legittimo delle armi (art. 53 c.p.), l’esercizio del diritto o l’adempimento del dovere (art. 51 c.p.) e lo stato di necessità (art. 54 c.p.).
Estinzione del reato e casellario giudiziario
Il casellario giudiziale è espressamente disciplinato dal DPR 14 novembre 2002, n. 313 e può essere definito come un registro nazionale che contiene tutti i provvedimenti giudiziari e amministrativi di una persona.
Nel caso in cui il processo si concluda con patteggiamento (o, più propriamente, “applicazione della pena su richiesta”) oppure con decreto penale, in presenza di alcune condizioni il reato si estingue una volta decorso il tempo.
Tuttavia, il Casellario non provvederà d’ufficio ad annotare in calce del casellario l’estinzione del reato, ma sarà compito della persona condannata richiedere al Giudice del provvedimento di disporre l’estinzione del reato ex artt. 445, comma 2 e 460, comma 5, c.p.p.