Calunniare qualcuno significa accusarlo di un reato che non ha commesso o fingere tracce di un reato a suo carico pur sapendolo innocente.
La calunnia è un reato perseguito all’articolo 368 del Codice Penale e punisce l’autore del reato sia per l’aver incolpato qualcuno ingiustamente di qualcosa che non ha fatto, sia per il dispendio inutile di risorse causato all’Autorità giudiziaria per avviare la macchina della giustizia. Ai sensi del suddetto articolo, il presupposto della calunnia è l'innocenza del calunniato.
La calunnia è un reato procedibile d'ufficio e non richiede che venga presentata una querela da parte della vittima.
Vediamo insieme in cosa consiste la calunnia, cosa dice l’art. 368 c.p. e il rapporto della calunnia con altri reati.
Cos’è il reato di calunnia
Il reato di calunnia è uno dei delitti perseguiti dalla legge e intende tutelare sia il corretto funzionamento della Giustizia, sia la libertà personale di chi venga falsamente incolpato di aver commesso un reato.
L’autore della calunnia, infatti, rende nota all’Autorità una circostanza illecita mai commessa oppure simula elementi indizianti per incolpare la vittima.
A seconda dell’una o dell’altra ipotesi, è possibile parlare di calunnia formale oppure di calunnia materiale.
Non importa che il reato si sia davvero verificato oppure non sia mai esistito, nè assume rilievo che possa trattarsi di un delitto o di una contravvenzione, poiché il reato di calunnia ha natura plurioffensiva (essendo in grado di perseguire ingiustamente un innocente, privandolo della sua libertà, e richiamando l’attenzione.
Vediamo gli elementi essenziali della calunnia.
Fonti normative
L’art. 368 c.p., di cui al Libro II – Dei delitti in particolare, Titolo III – Dei delitti contro l’amministrazione della giustizia, Capo I – Dei delitti contro l’amministrazione della giustizia, è rubricato “Calunnia”.
Vediamo il dispositivo:
“Chiunque, con denuncia, querela, richiesta o istanza, anche se anonima o sotto falso nome, diretta all'Autorità giudiziaria o ad un'altra Autorità che a quella abbia obbligo di riferirne o alla Corte penale internazionale, incolpa di un reato taluno che egli sa innocente, ovvero simula a carico di lui le tracce di un reato, è punito con la reclusione da due a sei anni.
La pena è aumentata se s'incolpa taluno di un reato per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a dieci anni, o un'altra pena più grave.
La reclusione è da quattro a dodici anni, se dal fatto deriva una condanna alla reclusione superiore a cinque anni; è da sei a venti anni, se dal fatto deriva una condanna all'ergastolo; [e si applica la pena dell'ergastolo, se dal fatto deriva una condanna alla pena di morte]”.
La norma descrive un reato comune, cioè che per sua natura possa essere commesso da “chiunque”.
Inoltre, è un reato di pericolo poiché si ritiene configurato anche senza l’inizio di un procedimento a carico dell’innocente, ma già solo per il fatto che la Giustizia si sia attivata per ricercare gli elementi illeciti di un reato falsamente addebitato.
Per questo motivo, la calunnia è configurata in ogni caso in cui l’Autorità giudiziaria sia tenuta a procedere, anche se con una minima attività di indagine.
L’elemento oggettivo
Perché possa parlarsi di calunnia è necessaria la sussistenza della cd. notitia criminis, cioè dell’atto con cui il Pubblico Ministero abbia avuto notizia del reato (come la denuncia o la querela).
La condotta descritta dall’art. 368 c.p. e ritenuta penalmente rilevante è duplice:
- la falsa informazione di un reato indirizzata all’Autorità giudiziaria, con cui viene indicato un autore di cui si conosce l’innocenza (ovvero, la calunnia formale);
- la simulazione di tracce di un falso reato, ovvero indizi materiali rivolti ad una persona specifica, che mettano in allarme l’Autorità (cioè, la calunnia materiale).
In entrambi i casi, l’accusa deve essere rivolta a qualcuno che si sappia essere innocente.
Si parla di innocenza non solo quando il fatto denunciato alle forze dell’ordine non esista affatto, ma anche se il fatto sia stato commesso da un altro oppure in modalità e circostanze diverse da quelle raccontate.
L’elemento soggettivo
Il dolo generico è l’elemento soggettivo richiesto e consiste nella coscienza e volontà di incolpare un innocente di un reato.
Calunnia e procedibilità
La calunnia è un reato procedibile d’ufficio e per il quale non è necessario che la persona offesa sporga querela. Ciò è dettato dal fatto che, nonostante la natura plurioffensiva del reato, l’art 368 c.p. intende tutelare il corretto funzionamento della Giustizia.
L’innocente ingiustamente incolpato, tuttavia, potrà portare all’attenzione dell’Autorità i fatti costituenti reato depositando la propria denuncia.
Esempi del reato di calunnia (con casi pratici)
Per capire meglio il reato di calunnia è possibile rifarsi ad alcuni esempi pratici.
Ipotizziamo che Caio si rechi presso la Procura della Repubblica per segnalare una presunta condotta illecita inventata e che indichi Tizio come responsabile: Caio, infatti, riferisce all’Autorità che Tizio si sia introdotto nell’appartamento della vicina per usarle violenza.
Il Pubblico Ministero, ricevuta la notizia di reato, dà avvio alle indagini ma nel corso delle stesse si scopre che il racconto è frutto di un’invenzione.
Caio risponderà del reato di calunnia.
O ancora, per esempio, Tizia si reca al Comando di Polizia e accusa falsamente Sempronia di aver danneggiato la sua automobile.
Oppure, Mevio si reca dai Carabinieri con l’intento di “costituirsi” dopo aver “commesso” una rapina in banca, tuttavia, dichiarando delle false generalità. Mevio è infatti totalmente estraneo al reato, ma innanzi ai Carabinieri, dichiara di chiamarsi Tizio Taldetali, persona a lui invisa.
Le ultime sentenze della Cassazione sul reato di calunnia
Vediamo le ultime pronunce della Corte di Cassazione sul reato di calunnia.
Corte di Cassazione, sezione 6, sentenza 21 febbraio 2023, n. 7573
“La falsa denuncia di smarrimento di assegni bancari, presentata da un soggetto dopo averli consegnati ad altra persona in adempimento di un'obbligazione, integra il delitto di calunnia in quanto, sebbene non contenga un'accusa diretta concernente uno specifico reato, è idonea a determinare ragionevolmente l'apertura di un procedimento penale, per un fatto procedibile d'ufficio, a carico di persona determinata”.
Corte di Cassazione, sezione 6, sentenza 17 gennaio 2023, n. 1616
“La spontanea "ritrattazione" della denuncia non esclude la punibilità del delitto di calunnia, integrando un "post factum" irrilevante rispetto all'avvenuto perfezionamento del reato, eventualmente valutabile quale circostanza attenuante ai sensi dell'art. 62, n. 6, cod. pen.”.
Corte di Cassazione, sezione 1, sentenza 21 settembre 2022, n. 34894
“Non integra il delitto di calunnia la simulazione di tracce di reato a carico di persona già deceduta al momento della condotta, non essendovi la possibilità di inizio di un procedimento penale nei confronti di un innocente”.
Corte di Cassazione, sezione 6, sentenza 13 settembre 2022, n. 33754
“In tema di calunnia, integra un'ipotesi di legittimo esercizio del diritto di difesa ed è scriminata dall'art. 51 cod. pen., la condotta dell'agente che affermi falsamente fatti tali da coinvolgere altre persone, che sa essere innocenti, nella responsabilità per il reato a lui ascritto, purché le false accuse non eccedano i limiti della utilità ed essenzialità, nel senso della assenza di ragionevoli alternative per una efficace confutazione dei fatti in contestazione, indipendentemente dal grado di articolazione della indicazione accusatoria mendace”.
Corte di Cassazione, sezione 6-2, ordinanza 7 gennaio 2022, n. 299
“La presentazione di una denuncia, come di un esposto, all'autorità giudiziaria o amministrativa, seppur rivelatasi infondata, non può essere fonte di responsabilità per danni a carico del denunciante o dell'esponente, ai sensi dell'art. 2043 c.c., se non quando possano considerarsi calunniosi; al di fuori di tale ipotesi, infatti, l'attività pubblicistica dell'organo titolare della funzione giurisdizionale o della potestà provvedimentale si sovrappone in ogni caso all'iniziativa del denunciante, togliendole ogni efficacia causale e così interrompendo ogni nesso tra tale iniziativa ed il danno eventualmente subito dal denunciato”.
Corte di Cassazione, sezione 1, sentenza 21 dicembre 2021, n. 46692
“Integra il delitto di calunnia la condotta dell'indagato o dell'imputato che, nel corso dell'interrogatorio, pur se affetto da nullità per violazione del diritto di difesa, renda dichiarazioni idonee a costituire una falsa incolpazione nei confronti di un terzo”.
Corte di Cassazione, sezione 2, sentenza 2 marzo 2021, n. 8246
“Configura il delitto di calunnia l'indicazione, nel momento di acquisizione della notizia di reato e da parte del suo autore, delle generalità di altra persona effettivamente esistente, sempreché la reale identità fisica del reo non sia contestualmente ed insuperabilmente acquisita al procedimento attraverso altre modalità”.
La pena prevista e le aggravanti
Chi calunnia qualcuno sapendo che è innocente rischia la pena della reclusione da 2 a 6 anni.
La pena è invece aumentata se la persona offesa è incolpata di un reato la cui pena prevista è a reclusione superiore nel massimo a dieci anni, o un'altra pena più grave.
Inoltre, ove la persona incolpata ingiustamente rischiasse la reclusione superiore a 5 anni o addirittura l’ergastolo, l’autore della calunnia sarebbe passibile di reclusione da 4 a 12 anni.
Le attenuanti
“In tema di calunnia è ipotizzabile l'applicazione dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 6, c.p. solo se il ravvedimento operoso, consistente nella ritrattazione dell’accusa, intervenga prima che l’autorità procedente acquisisca la prova della falsità dell’incolpazione”, Cass., sez. 6, 13 maggio 1998, n. 5574.
Calunnia e prescrizione
La calunnia, nella sua ipotesi base, si prescrive dopo 6 anni.
Nel caso invece della condotta descritta dalla prima parte del terzo comma, la prescrizione interverrà dopo 12 anni.
Infine, con riferimento all’ultima parte dell’articolo, la calunnia si prescriverà dopo 20 anni.
Il rapporto tra calunnia e falsa testimonianza
La falsa testimonianza è il reato previsto ex art. 372 c.p. e intende punire il testimone che, chiamato a deporre davanti ai magistrati sui fatti di interesse, dichiari il falso, neghi la verità oppure sia reticente.
“La calunnia e la falsa testimonianza sono delitti fra loro distinti per diversa obiettività giuridica, essendo la norma che incrimina la prima diretta a colpire, ai fini della corretta amministrazione della giustizia, la violazione del dovere di non incolpare di un reato di cui non si conosce l’innocenza, mentre la norma che incrimina la seconda è volta, pur nell’ambito dell’identica tutela, a colpire la violazione del dovere incombente al testimone di dire la verità. Ricorre dunque concorso formale tra le due figure qualora nella falsa deposizione testimoniale sia contenuta anche una falsa incolpazione” Cass., sez. 6, 2 aprile 1998, n. 4082 e Cass., 6 luglio 2009, n. 27503.
Secondo una parte della dottrina, quindi, tra la calunnia e la falsa testimonianza sussisterebbe un rapporto di concorso formale di norme.
Si parla di concorso formale di reati quando un soggetto con un'unica azione commetta più reati. In questo caso, l'autore vedrà applicata la pena prevista per il reato più grave tra quelli commessi.
Le differenze tra calunnia e diffamazione
Il reato di diffamazione è disciplinato all'art. 595 c.p., e persegue chi offende la reputazione di una persona assente, ledendo la sua dignità e onorabilità, con offese e commenti disonorevoli per chi le subisce.
Sebbene la diffamazione possa consistere anche nell’attribuzione di un fatto determinato, con l’intento di risultare credibile (per esempio, descrivendo azioni o condotte, sufficientemente particolareggiate con descrizioni di luogo, tempo e modi), la calunnia riguarda l’attribuzione di un fatto-reato con l’intento di azionare l’iter giudiziario ai danni di una persona innocente.
Autocalunnia
Anche incolpare se stessi di un finto reato, ovvero che non sia mai esistito, o addirittura dichiarando di averlo commesso pur sapendo essere un altro il colpevole, corrisponde a reato.
Il legislatore punisce l’autocalunnia all’art. 369 c.p., disponendo:
“Chiunque, mediante dichiarazione ad alcuna delle Autorità indicate nell'articolo precedente, anche se fatta con scritto anonimo o sotto falso nome, ovvero mediante confessione innanzi all'Autorità giudiziaria, incolpa se stesso di un reato che egli sa non avvenuto, o di un reato commesso da altri, è punito con la reclusione da uno a tre anni”.
La ragione della disposizione, analogamente alla calunnia vera e propria, risiede nel tutelare il corretto svolgimento dell’attività giudiziaria, evitando che le forze dell’ordine e la Giustizia si attivino per reprimere reati mai commessi.
L’autocalunnia può essere compiuta sia dichiarando (oralmente oppure con uno scritto, anche se anonimo) un reato mai commesso, sia confessando di aver avuto una condotta delittuosa pur sapendo essere un altro il vero autore.
Chi commette autocalunnia rischia la pena della reclusione da 1 a 3 anni.
La calunnia è stata depenalizzata?
No, la calunnia non è depenalizzata.