La Corte di Cassazione, sez. III penale, con sentenza del 2 aprile 2024, n. 13222, ha annullato la decisione resa in appello con cui un uomo era stato assolto per aver violentato una donna, in un luogo isolato, dopo averle dato un passaggio per tornare a casa.
Per la Corte di cassazione, infatti, “non può affermarsi che i giudici di secondo grado siano pervenuti alla riforma della sentenza di prime cure attraverso un itinerario logico-giuridico immune da vizi, sotto il profilo della correttezza logica, e sulla base di apprezzamenti di fatto esenti da connotati di contraddittorietà o di manifesta illogicità e di un apparato logico coerente con una esauriente analisi delle risultanze agli atti”.
La Corte territoriale, infatti, si è limitata ad affermare dubbi relativi alla volontarietà o meno dei diversi rapporti sessuali, sulla base del fatto che Caia avesse chiesto un passaggio a Tizio.
Vediamo, in dettaglio, cosa ha stabilito la Corte di cassazione.
I fatti di causa
La Corte di appello di Palermo, in riforma integrale della pronuncia di condanna emessa dal giudice di primo grado, assolveva Tizio per il reato di violenza sessuale.
Tizio era infatti stato condannato in primo grado per aver costretto Caia a subire plurimi rapporti sessuali, in orario notturno, prima in una zona isolata, nel proprio furgone e successivamente in un'abitazione.
Tizio aveva dato un passaggio a Caia di sera dopo la discoteca, e aveva agito contro la sua volontà provocandole ecchimosi, escoriazioni e lesioni personali.
Caia ricorreva in Cassazione.
La sentenza della Corte di cassazione
Per la Corte di cassazione, le doglianze prospettate da Caia sono fondate, poiché il giudice di appello che “riformi totalmente la decisione di primo grado, sostituendo alla pronuncia di condanna quella di assoluzione dell'imputato, ha l'obbligo di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dimostrandone in modo rigoroso l'incompletezza o l'incoerenza”.
Per la Cassazione, la Corte territoriale non solo non ha confutato le argomentazioni della sentenza di primo grado, “ma non le ha nemmeno analizzate, ribaltando l'epilogo decisorio sulla base di un iter logico – giuridico del tutto avulso dal percorso argomentativo seguito dal giudice di prime cure”.
Inoltre, il percorso logico alla base della sentenza di secondo grado “non è esente da vizi, non evincendosi con chiarezza sulla base di quali argomentazioni i giudici di merito siano pervenuti all'asserto relativo alla sussistenza di un sostrato probatorio idoneo a valicare la soglia del ragionevole dubbio e a supportare adeguatamente la declaratoria di responsabilità”.
La Corte territoriale, infatti, si è limitata ad affermare dubbi relativi alla volontarietà o meno dei diversi rapporti sessuali, sulla base del fatto che Caia avesse chiesto un passaggio a Tizio.
Il testimone aveva tuttavia riferito che Caia aveva poi rifiutato il passaggio.
Inoltre, al termine della serata, il testimone aveva dichiarato di aver incontrato i due giovani nei pressi della casa di Caia e i due apparivano sereni, ma quando Tizio si era allontananto, lei si era messa a piangere e gli aveva raccontato di aver subito una violenza sessuale.
Il giovane aveva suggerito alla persona offesa di dimenticare tutto, poiché incredulo.
Per la Cassazione, tuttavia, “L'apparato giustificativo del decisum non può però ridursi alla semplice riproduzione delle risultanze acquisite, dovendo il giudice elaborare il materiale probatorio disponibile e dare puntuale risposta alle argomentazioni delle parti”.
Il giudice a quo avrebbe dovuto chiarire le ragioni per le quali egli abbia ritenuto inattendibili le deposizioni della persona offesa e, in particolare, ha chiarito la Cassazione, “le ragioni per le quali non ha ritenuto attendibile il pianto della ragazza nell'immediatezza dei fatti”.
Difetta, in particolare, una disamina relativa al rinvenimento di indumenti intimi, appartenenti alla persona offesa, che risultano lacerati.
In particolare, la Cassazione ha considerato contraddittoria l'affermazione del giudice territoriale poiché da un lato afferma l'inattendibilità della persona offesa in ordine al dissenso ai rapporti sessuali, dall'altro, afferma che il semplice rifiuto verbale ai rapporti sessuali, potesse essere interpretato da Tizio “come ritrosia, meramente formale e "di facciata", di una donna alle iniziative erotiche del partner”.
Inoltre, per la Corte di Cassazione, non si comprende quale rilievo probatorio e argomentativo possa avere “il riferimento alla vis grata puellae, a fronte di una problematica inerente ad un atteggiamento coercitivo o meno dell'imputato”.
Di conseguenza, “non può affermarsi che i giudici di secondo grado siano pervenuti alla riforma della sentenza di prime cure attraverso un itinerario logico-giuridico immune da vizi, sotto il profilo della correttezza logica, e sulla base di apprezzamenti di fatto esenti da connotati di contraddittorietà o di manifesta illogicità e di un apparato logico coerente con una esauriente analisi delle risultanze agli atti”.
La Corte di cassazione ha dunque annullato la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello.