L’art. 681 c.p.p., rubricato “Provvedimenti relativi alla grazia”, dispone:
“La domanda di grazia, diretta al Presidente della Repubblica, è sottoscritta dal condannato o da un suo prossimo congiunto o dal convivente o dal tutore o dal curatore ovvero da un avvocato o procuratore legale ed è presentata al ministro di grazia e giustizia.
Se il condannato è detenuto o internato, la domanda può essere presentata al magistrato di sorveglianza, il quale, acquisiti tutti gli elementi di giudizio utili e le osservazioni del procuratore generale presso la corte di appello del distretto ove ha sede il giudice indicato nell'articolo 665, la trasmette al ministro con il proprio parere motivato. Se il condannato non è detenuto o internato, la domanda può essere presentata al predetto procuratore generale, il quale, acquisite le opportune informazioni, la trasmette al ministro con le proprie osservazioni.
La proposta di grazia è sottoscritta dal presidente del consiglio di disciplina ed è presentata al magistrato di sorveglianza, che procede a norma del comma 2.
La grazia può essere concessa anche in assenza di domanda o proposta. Emesso il decreto di grazia, il pubblico ministero presso il giudice indicato nell'articolo 665 ne cura l'esecuzione ordinando, quando è il caso, la liberazione del condannato e adottando i provvedimenti conseguenti.
In caso di grazia sottoposta a condizioni, si provvede a norma dell'articolo 672 comma 5”.
La norma richiama il compito affidato al magistrato di sorveglianza che ha la funzione di vagliare l’efficacia del trattamento sanzionatorio, vigilando sulla coerenza del percorso intrapreso ai fini di risocializzazione del reo, assumendo lo stesso atteggiamento anche nel corso del procedimento di grazia.
A proposito del procedimento di grazia, al magistrato di sorveglianza sono riconosciute funzioni istruttorie.
Nel caso in cui il condannato fosse detenuto o internato, la domanda di grazia da questi sottoscritta e diretta al Presidente della Repubblica, può essere presentata al magistrato di sorveglianza invece che al Ministro di grazia e giustizia.
Il magistrato, una volta collezionati gli elementi utili a ricostruire la vicenda del condannato, la sua posizione giuridica, ricevuto il perdono dalla persona offesa del reato, allega all’istanza del condannato il proprio parere motivato, formulando un assenso o un dissenso – successivamente trasmettendo al Ministro competente.
Se il condannato non fosse in regime di detenzione, la domanda può essere depositata innanzi al Procuratore Generale presso la Corte d’Appello il quale, a sua volta acquisendo gli elementi utili, trasmette le proprie osservazioni al Ministro.
La grazia può anche essere concessa in autonomia da parte del Presidente della Repubblica, senza necessariamente ricevere l’apposita domanda.
In materia e a proposito di eventuali conflitti di competenza tra Procuratore Generale e il Magistrato di Sorveglianza, si ricorda la Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 21 novembre 2002, n. 39342: "Non è configurabile, neanche sub specie di caso analogo, un conflitto di competenza tra Magistrato di sorveglianza e Procuratore generale presso la Corte d'appello in ordine all'istruzione della domanda di grazia, di cui all'art. 681, comma 2, c.p.p., in quanto nel procedimento di grazia all'autorità giudiziaria non spetta alcun potere decisorio, dovendo soltanto compiere l'attività di acquisizione di elementi di giudizio, strumentale alla decisione che deve essere adottata dal Ministro della giustizia nell'esercizio di una funzione non giurisdizionale".