L’articolo 971 del Codice Civile disciplina l’istituto giuridico dell’affrancazione:
“Se più sono gli enfiteuti, l'affrancazione può promuoversi anche da uno solo di essi, ma per la totalità. In questo caso l'affrancante subentra nei diritti del concedente verso gli altri enfiteuti, salva, a favore di questi, una riduzione proporzionale del canone.
Se più sono i concedenti, l'affrancazione può effettuarsi per la quota che spetta a ciascun concedente.
[L'affrancazione si opera mediante il pagamento di una somma risultante dalla capitalizzazione del canone annuo sulla base dell'interesse legale. Le modalità sono stabilite da leggi speciali]".
La norma mira a riunire in capo ad un unico soggetto il dominio fruttifero e quello nominale del bene, ovvero al consolidamento nelle mani dell’enfiteuta sia della proprietà del fondi, sia dei frutti generati.
L’ultimo comma è stato tacitamente abrogato per incompatibilità con la disciplina enunciata. L'articolo, infatti, presentava tre ulteriori commi in apertura che sono stati abrogati ad opera dell'articolo 10 della Legge 1138/1970.
Si segnalano i seguenti orientamenti della giurisprudenza:
- Corte di Cassazione, sezione 2, sentenza 30 gennaio 2019, n 2704
"In tema di usi civici, nell'affrancazione (o liquidazione) cd. invertita, prevista in favore della popolazione dall'art. 9 del r.d. n. 1510 del 1891, ancora vigente, per le sole provincie ex pontificie, in virtù del richiamo contenuto nell'art. 7, comma 2, della l. n. 1766 del 1927, a differenza di quella ordinaria – ove è il proprietario del fondo a liberarlo dall'uso civico, affrancando il proprio diritto di proprietà mediante il pagamento di un canone enfiteutico od il rilascio di una parte del possedimento – è la collettività che riscatta, in tutto o in parte, l'immobile, dietro versamento di un canone al proprietario, così realizzandosi il pieno riconoscimento del diritto di uso civico nella nuova forma dell'assegnazione della piena proprietà in capo alla comunità. Pertanto, il comune, qualora il terreno sia stato allo stesso attribuito nella qualità di ente esponenziale (o rappresentativo) degli utenti, è tenuto ad assicurare l'uso civico di destinazione del bene affrancato, al quale non può rinunziare liberamente – soprattutto in maniera tacita in virtù di atti univoci ed incompatibili con la volontà di conservarlo – poiché non gli appartiene, la sua rappresentatività differenziandosi, in questo caso, da quella generale e tipica degli enti territoriali; infatti, il detto comune può essere autorizzato a mutare la menzionata destinazione o le sue modalità di esercizio, laddove le ritenesse non più compatibili con le trasformazioni socio-economiche intervenute, solo attraverso la procedura prevista dalla normativa speciale. (Nella specie, la S.C. ha escluso che il Comune di Vallinfreda avesse tacitamente "sdemanializzato" il fondo mediante atti di cessione gratuita ai privati, i quali vi avevano costruito sopra dei complessi edilizi, non avendo l'ente territoriale il relativo potere)"; - Corte di Cassazione, sezione 2, sentenza 12 ottobre 2000, n. 13595
"Dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 143 del 1997, dichiarativa dell'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, primo e quarto comma, della legge 22 luglio 1966 n. 607 nella parte in cui, per le enfiteusi fondiarie costituite anteriormente al 28 ottobre 1941, prevedeva che il valore di riferimento, per determinare il canone e quindi il capitale per l' affrancazione, fosse costituito dagli estimi catastali di cui alla legge 29 giugno 1939 n. 976 sussiste il vizio di violazione e falsa applicazione di legge, ai sensi dell'art. 360 n. 3 cod. civ., se il giudice del merito, nell'effettuare il relativo computo, non lo aggiorna periodicamente, applicando coefficienti di maggiorazione idonei a mantenere adeguata, con ragionevole approssimazione, la corrispondenza del capitale di affrancazione con l' effettiva realtà economica, e ad impedire che l' affrancazione si trasformi in una sostanziale ablazione gratuita del diritto del concedente"; - Corte di Cassazione, sezione 2, sentenza 19 giugno 1995, n. 482
"In tema di affrancazione dell'enfiteusi, non è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 971, ultimo comma, cod. civ. – norma abrogata per incompatibilità con l' art. 1 della legge n. 607 del 1966 e della quale si è verificata la reviviscenza a seguito della dichiarazione di incostituzionalità di questa stessa disposizione, nonché degli artt. 2 della legge n. 1138 del 1970 ed 1 della legge n. 270 del 1974 – per contrasto con l' art. 42 della Costituzione, in quanto, nel disporre che l'affrancazione si opera mediante il pagamento di una somma di danaro risultante dalla capitalizzazione del canone annuo sulla base dell'interesse legale, non prevede l'aggiornamento periodico di tale canone e, quindi, del capitale d'affranco mediante l'applicazione di coefficienti di maggiorazione idonei a mantenere adeguata, con approssimazione ragionevole, la sua corrispondenza con la realtà economica effettiva"; - Corte di Cassazione, sezione 2, sentenza 5 febbraio 1982, n. 671
"Nel vigore del codice civile abrogato l'affrancazione del fondo enfiteutico non era subordinata alla preventiva realizzazione dello scopo dell'enfiteusi"; - Corte di Cassazione, sezione 2, sentenza 20 maggio 1981, n. 3307
"La pendenza del giudizio avente ad oggetto l'affrancazione di un enfiteusi, non comporta sospensione necessaria ex art 295 cod proc civ del contemporaneo giudizio instaurato per la declaratoria dello scioglimento del contratto di enfiteusi a seguito dell'avveramento di condizione risolutiva, in quanto è la decisione di quest'ultimo giudizio che assume rilievo pregiudiziale rispetto al primo, nel senso che il diritto all'affrancazione potra essere fatto valere solo ove sia ritenuto sussistente il contratto da cui sorge. Ne al riguardo assumono rilevanza gli artt 971 e seguenti cod civ e l'art 10 della legge 18 dicembre 1970 n 1138, riguardando tali norme la prevalenza del diritto all'affrancazione su quello alla devoluzione, e quindi presupponendo l'esistenza, in atto, del rapporto di enfiteusi"; - Corte di Cassazione, sezione L, sentenza 5 dicembre 1979, n. 6314
"La legge 25 febbraio 1963 n 327, concernente norme sui contratti a miglioria in uso nelle province del Lazio, nel tipizzare il rapporto di Colonia ad meliorandum in uso nelle campagne del Lazio, ha fatto rinvio alla normativa dell'enfiteusi, ma questa, come emerge dalla stessa formulazione usata nel primo comma dell'art 1 – in base al quale sono applicabili a tali rapporti ‘oltre le norme della presente legge' quelle contenute nel titolo quarto del libro terzo del codice civile – e operativa nei limiti della sua compatibilità con la legge stessa. Pertanto, avendo riconosciuto detta legge all'art 3 il diritto del colono all'affrancazione, anche in deroga all'art 971 cod civ, tale diritto e esercitabile anche qualora il concedente eccepisca di essere a sua volta un enfiteuta, per la inapplicabilità al rapporto di Colonia predetto della disposizione di cui all'art 968 cod civ che sancisce l'inammissibilità della subenfiteusi. ( V 3004/74, mass n 371453)"; - Corte di Cassazione, sezione 2, sentenza 4 dicembre 1969, n. 3870
"L'obbligo di affrancare per la totalità il fondo enfiteutico e del tutto svincolato ed indipendente dallo scioglimento della comunione enfiteutica questa, se può produrre la frattura del vincolo di solidarietà nel pagamento del canone ove si verifichino le condizioni previste dall'art 961, comma secondo, cod civ ( cioeèla divisione del fondo e il godimento separato delle porzioni), non intacca minimamente il diritto del concedente alla totale affrancazione del fondo, allorchè egli non intenda aderire ad un affranco parziale. L'eventuale consenso alla divisione del canone da parte del concedente non implica anche il consenso all'affranco parziale".