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2 Settembre 2023
9:00

Art. 960 c.c.: Obblighi dell’enfiteuta

L'articolo 960 del Codice Civile, di cui al Libro III, Titolo IV, è rubricato come "Obblighi dell'enfiteuta". Vediamo la norma e gli orientamenti della giurisprudenza.

Art. 960 c.c.: Obblighi dell’enfiteuta
Dottoressa in Giurisprudenza
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L’articolo 960 del Codice Civile, di cui al Libro III – Della proprietà, Titolo IV – Dell'enfiteusi, è rubricato "Obblighi dell'enfiteuta".

Il testo aggiornato dell'art. 960 c.c. dispone:

“L’enfiteuta ha l’obbligo di migliorare il fondo e di pagare al concedente un canone periodico. Questo può consistere in una somma di denaro ovvero in una quantità fissa di prodotti naturali.

L’enfiteuta non può pretendere remissione o riduzione del canone per qualunque insolita sterilità del fondo o perdita dei frutti”.

La norma non descrive in maniera tassativa quelli che possano essere i lavori di tipo migliorativo che l’enfiteuta può compiere, gli stessi sono quindi rimessi alla discrezione dell’enfiteuta. Unico limite è non deteriorare il fondo.

E’ esclusa con forza la possibilità di riduzioni o remissioni del canone in virtù di una “insolita sterilità del fondo o perdita di frutti”, ciò per l’indipendenza vigente tra i diritti del proprietario-concedente e l’enfiteuta.

I due soggetti non dipendono l’uno dalle vicende dell'esercizio dell’altro.

Vediamo gli orientamenti della giurisprudenza:

Corte di Cassazione, sezione 6 2, ordinanza 17 maggio 2022, n. 15822
"Elemento essenziale dell'enfiteusi, anche dopo le modifiche introdotte in materia dalle leggi n. 607 del 1966 e n. 1138 del 1970, e tanto nel caso in cui essa abbia ad oggetto un fondo rustico, quanto in quello in cui riguardi un fondo urbano (terreno da utilizzare per scopi non agricoli, ovvero edificio già costruito), è l'imposizione a carico dell'enfiteuta dell'obbligo di migliorare la precedente consistenza del fondo, il quale, pure nel suddetto caso dell'enfiteusi urbana, non si identifica, né si esaurisce nel diverso obbligo di provvedere alla manutenzione ordinaria e straordinaria. Ne consegue che, sia nel caso di enfiteusi urbana che rurale, le migliorie non si risolvono nella mera manutenzione, sia pure straordinaria";

Corte di Cassazione, sezione 2, sentenza 30 gennaio 2019, n 2704
"In tema di usi civici, nell'affrancazione (o liquidazione) cd. invertita, prevista in favore della popolazione dall'art. 9 del r.d. n. 1510 del 1891, ancora vigente, per le sole provincie ex pontificie, in virtù del richiamo contenuto nell'art. 7, comma 2, della l. n. 1766 del 1927, a differenza di quella ordinaria – ove è il proprietario del fondo a liberarlo dall'uso civico, affrancando il proprio diritto di proprietà mediante il pagamento di un canone enfiteutico od il rilascio di una parte del possedimento – è la collettività che riscatta, in tutto o in parte, l'immobile, dietro versamento di un canone al proprietario, così realizzandosi il pieno riconoscimento del diritto di uso civico nella nuova forma dell'assegnazione della piena proprietà in capo alla comunità. Pertanto, il comune, qualora il terreno sia stato allo stesso attribuito nella qualità di ente esponenziale (o rappresentativo) degli utenti, è tenuto ad assicurare l'uso civico di destinazione del bene affrancato, al quale non può rinunziare liberamente – soprattutto in maniera tacita in virtù di atti univoci ed incompatibili con la volontà di conservarlo – poiché non gli appartiene, la sua rappresentatività differenziandosi, in questo caso, da quella generale e tipica degli enti territoriali; infatti, il detto comune può essere autorizzato a mutare la menzionata destinazione o le sue modalità di esercizio, laddove le ritenesse non più compatibili con le trasformazioni socio-economiche intervenute, solo attraverso la procedura prevista dalla normativa speciale. (Nella specie, la S.C. ha escluso che il Comune di Vallinfreda avesse tacitamente "sdemanializzato" il fondo mediante atti di cessione gratuita ai privati, i quali vi avevano costruito sopra dei complessi edilizi, non avendo l'ente territoriale il relativo potere)";

Corte di Cassazione, sezione 2, sentenza 15 marzo 1995, n. 3038
"La disposizione del primo comma dell'art. 975, a norma della quale "quando cessa l'enfiteusi, all'enfiteuta spetta il rimborso dei miglioramenti nella misura dell'aumento di valore conseguito dal fondo per effetto dei miglioramenti stessi, quali accertati al tempo della riconsegna", ha lo scopo di favorire il miglioramento del fondo enfiteutico assicurando all'enfiteuta, in ogni caso di cessazione che comporti l'integrale ripristino del rapporto, i vantaggi economici delle opere eseguite ed incentivando, per tale via, l'interesse dello stesso all'adempimento puntuale dell'obbligo di miglioramento del fondo all'assunto con il contratto (art. 960 cod.civ.) e si riferisce, quindi, solo ai miglioramenti che si collocano nell'ambito del rapporto di enfiteusi e che, essendo ancora esistenti alla data della riconsegna, si traducono in un valore economico direttamente o indirettamente riconducibile alla legittima attività dell'enfiteuta (o dei suoi danti causa) e non ai miglioramenti realizzati dopo la cessazione del rapporto, nel tempo in cui l'enfiteuta ha mantenuto di fatto il possesso materiale del bene, per i quali sono, invece, applicabili i criteri previsti dall'art. 1150 cod. civ.";

Corte di Cassazione, sezione 1, sentenza 27 luglio 1982, n. 4328
"Elemento essenziale dell'enfiteusi, anche dopo le modifiche introdotte in materia dalle leggi 22 luglio 1966 n. 607 e 18 dicembre 1970 n. 1138, e tanto nel caso in cui essa abbia ad oggetto un fondo rustico, quanto in quello in cui riguardi un fondo urbano (terreno da utilizzare per scopi non agricoli, ovvero edificio già costruito), è l'imposizione a carico dell'enfiteuta dell'Obbligo di migliorare la precedente consistenza del fondo, il quale, pure nel suddetto caso dell'enfiteusi urbana, non si identifica, ne' si esaurisce nel diverso Obbligo di provvedere alla manutenzione ordinaria e straordinaria";

Corte di Cassazione, sezione 2, sentenza 22 ottobre 1970, n. 2113
"Se taluno detiene un fondo quale enfiteuta di altra persona, alla quale corrisponde il relativo canone e innegabile che quest'ultima persona, anche se la enfiteusi non esista, viene per ciò stesso a possedere il fondo a titolo di proprietà, a mezzo del preteso enfiteuta, e, se tale situazione di fatto si protrae per il tempo all'uopo necessario, acquista conseguentemente per usucapione il diritto di proprietà sul fondo".

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Virginia Sacco
Dottoressa in Giurisprudenza
Dopo la laurea presso l'Università degli Studi di Napoli - Federico II, ho seguito le mie passioni specializzandomi prima in Sicurezza economica, Geopolitica e Intelligence presso SIOI - UN ITALY e, successivamente, in Diritto dell'Unione Europea presso il mio ateneo di origine. Ho concluso la pratica forese in ambito penale, occupandomi di reati finanziari e doganali. Nel corso degli anni ho preso parte attivamente a eventi, attività e progetti a livello europeo e internazionale, approfondendo i temi della cooperazione giudiziaria e del diritto penale internazionale. Ho scritto di cybersicurezza, minacce informatiche e sicurezza internazionale per "Agenda Digitale" e "Cyber Security 360". Su Lexplain scrivo di diritto con parole semplici e accessibili.
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