L’articolo 959 del Codice Civile, intitolato "Diritti dell'enfiteuta" rinvia a quanto segue:
“L’enfiteuta ha gli stessi diritti che avrebbe il proprietario si frutti del fondo, sul tesoro e relativamente alle utilizzazioni del sottosuolo in conformità alle disposizioni delle leggi speciali.
Il diritto dell’enfiteuta si estende alle accessioni”.
All’enfiteuta è riconosciuta la particolarità dei cd. iura in re aliena, ovvero i diritti reali limitati che vengono ad esercitarsi sulle cose altrui.
I poteri di godimento e disposizione sono legati alla funzione di istituire miglioramenti sul fondo e ciò a vantaggio della realtà agricola.
Vediamo alcuni degli orientamenti della giurisprudenza:
- Corte di Cassazione, sezione 3, sentenza 29 ottobre 2003, n. 16234
"Nel contratto di colonia parziaria, come anche nella mezzadria, l'impresa di coltivazione del fondo viene esercitata in forma associativa dal concedente e dal concessionario (così che, mentre il primo conferisce il godimento del fondo e delle scorte, il secondo esegue i lavori di coltivazione secondo le direttive del concedente e le esigenze della produzione, con l'obbligo di mantenere il fondo stesso in uno stato di normale produttività), sicché l'aver eseguito i lavori di coltivazione rendendo produttivo il terreno originariamente incolto non costituisce miglioramento fondiario, ma adempimento di una specifica obbligazione gravante sul colono, mentre la colonia "ad meliorandum" si caratterizza per il possesso, anche solo materiale, del fondo per un periodo di almeno trent'anni e per l'apporto di migliorie con l'impianto di colture arboree o arbustive da parte del coltivatore"; - Corte di Cassazione, sezione 2, sentenza 12 agosto 2002, n. 12169
"In tema di procedimento civile, nel giudizio di "negatoria servitutis" promosso dall'enfiteuta nei confronti del proprietario confinante, il nudo proprietario non è litisconsorte necessario, non essendo al riguardo nemmeno configurabile l'applicazione analogica dell'art. 1102 secondo comma, cod. civ. (che, nel riconoscere all'usufruttuario legittimazione attiva all'esperimento dell'azione confessoria e della negatoria servitutis, prescrive la chiamata in causa del proprietario), attesi i rigorosi limiti entro i quali è consentito farvi ricorso ai sensi dell'art. 12 delle preleggi nonché avuto riguardo alle caratteristiche proprie delle facoltà inerenti al diritto di usufrutto, ben più ristrette rispetto a quelle contenute nel diritto di enfiteusi: mentre infatti la previsione dell'art. 1012 secondo comma, cod. civ. trova, nella parte in cui dispone la necessaria partecipazione al giudizio del proprietario, la sua specifica "ratio" nella limitatezza e nella temporaneità del diritto di usufrutto, di guisa che il proprietario viene tutelato nel suo specifico interesse ad accertare l'inesistenza di diritti di terzi sul suo immobile in funzione del pieno godimento di esso alla cessazione dell'usufrutto medesimo, tale esigenza viceversa non ricorre relativamente all'enfiteuta, in ragione degli ampi poteri del medesimo sul bene, che si estendono sino alla disposizione del diritto di enfiteusi e al diritto potestativo di affrancazione dell'immobile"; - Corte di Cassazione, sezione 2, sentenza 3 gennaio 1995, n 52
"Il diritto dell'enfiteuta al pieno godimento del fondo non può in alcun modo essere limitato, in costanza del contratto di enfiteusi, dalla imposizione di una servitù passiva da parte del direttario"; - Corte di Cassazione, sezione 2, sentenza 12 dicembre 1988, n 6740
"A configurare il possesso enfiteutico ad usucapionem, oltre al pagamento del canone, non è necessaria l'esecuzione di radicali innovazioni sul fondo, essendo sufficiente l'apporto di miglioramenti che ne accrescano il valore, (nella specie impianto di un vigneto)".