L’art. 828 del Codice Civile, dispone che:
“I beni che costituiscono il patrimonio dello Stato, delle province e dei comuni sono soggetti alle regole particolari che li concernono e, in quanto non è diversamente disposto, alle regole del presente codice.
I beni che fanno parte del patrimonio indisponibile non possono essere sottratti alla loro destinazione, se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano”.
Il fenomeno della regressione al patrimonio disponibile da parte di un bene patrimoniale indisponibile, necessità di una manifestazione esteriore della volontà che è l’atto amministrativo dal momento che, non è sufficiente a tale scopo la mancata e trascurata gestione.
Sul tema, ecco alcuni degli orientami giurisprudenziali di interesse:
- Corte di Cassazione, sez. III, ordinanza 12 luglio 2023, n. 19951
"In materia di beni immobili, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 830 e 828, comma 2, c.c., i beni del patrimonio indisponibile di un ente pubblico non territoriale possono essere sottratti alla pubblica destinazione soltanto nei modi stabiliti dalla legge, e quindi certamente non per effetto di usucapione da parte di terzi, non essendo usucapibili diritti reali incompatibili con la destinazione del bene dell'ente al soddisfacimento del bisogno primario di una casa di abitazione per cittadini non abbienti"; - Corte di Cassazione, sez. U, sentenza 12 gennaio 2023, n. 651
"In tema di espropriazione per pubblica utilità, nelle controversie soggette al regime giuridico previgente al d.lgs. n. 327 del 2001 (per essere la dichiarazione di pubblica utilità intervenuta prima del 30 giugno 2003), il decreto di esproprio validamente emesso è idoneo a far acquisire al beneficiario dell'espropriazione la piena proprietà del bene e ad escludere qualsiasi situazione di fatto e di diritto con essa incompatibile, con la conseguenza che, anche quando all'adozione del menzionato decreto non segua l'immissione in possesso, la notifica o la conoscenza effettiva di detto decreto comportano ugualmente la perdita dell'"animus possidendi" in capo al precedente proprietario, il cui potere di fatto – nel caso in cui continui ad occupare il bene – si configura come mera detenzione, che non consente il riacquisto della proprietà per usucapione se non a seguito di un atto di interversione del possesso, fermo restando il diritto di chiedere la retrocessione totale o parziale del bene"; - Corte di Cassazione, sez. II, sentenza 2 ottobre 2020, n. 21137
"In tema di beni immobili, allorquando lo Stato o altro ente pubblico intervenga nel settore della proprietà, fondiaria o urbana, per assicurare il soddisfacimento di un interesse pubblico primario, quali l'esigenza di redistribuzione della proprietà agraria ovvero l'assicurazione di una casa di abitazione per i cittadini non abbienti oppure, ancora, la ricostruzione post-terremoto, la finalità perseguita assume valenza e prevalente rispetto alla posizione individuale di eventuali soggetti che si pongano in una mera relazione di fatto con la cosa. Il bene immobile interessato dall'intervento pubblico rimane, pertanto, nel patrimonio indisponibile dell'ente e non è usucapibile a vantaggio del privato, sino all'intervenuto completamento dei diversi procedimenti amministrativi finalizzati alla realizzazione dell'interesse pubblico perseguito. Ove, viceversa, l'intervento progettato non abbia avuto seguito e non si sia realizzato in concreto l'asservimento del bene alla finalità pubblica perseguita, ovvero il bene sia stato abbandonato dall'ente pubblico per un periodo di tempo incompatibile con l'utilizzazione in concreto a fini di pubblica utilità, può configurarsi una reviviscenza dell'interesse individuale rispetto a quello generale".