L’articolo 628 del Codice Penale, rubricato “Rapina”, rientra nel Libro II – Dei delitti in particolare, Titolo XIII – Dei delitti contro il patrimonio, Capo I – Dei delitti contro il patrimonio mediante violenza alle cose o alle persone.
Ecco il testo aggiornato dell’art. 628 c.p.:
"Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, mediante violenza alla persona o minaccia, s'impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni e con la multa da euro 927 a euro 2.500.
Alla stessa pena soggiace chi adopera violenza o minaccia immediatamente dopo la sottrazione, per assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta, o per procurare a sé o ad altri l'impunità.
La pena è della reclusione da sei a venti anni e della multa da euro 2.000 a euro 4.000:
1) se la violenza o minaccia è commessa con armi, o da persona travisata, o da più persone riunite;
2) se la violenza consiste nel porre taluno in stato d'incapacità di volere o di agire;
3) se la violenza o minaccia è posta in essere da persona che fa parte dell'associazione di cui all'articolo 416 bis;
3-bis) se il fatto è commesso nei luoghi di cui all’articolo 624 bis o in luoghi tali da ostacolare la pubblica o privata difesa;
3-ter) se il fatto è commesso all’interno di mezzi di pubblico trasporto;
3-quater) se il fatto è commesso nei confronti di persona che si trovi nell’atto di fruire ovvero che abbia appena fruito dei servizi di istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti al prelievo di denaro;
3-quinquies) se il fatto è commesso nei confronti di persona ultrasessantacinquenne.
Se concorrono due o più delle circostanze di cui al terzo comma del presente articolo, ovvero se una di tali circostanze concorre con altra fra quelle indicate nell'art. 61, la pena è della reclusione da sette a venti anni, e della multa da euro 2.500 euro a euro 4.000.
Le circostanze attenuanti, diverse da quella prevista dall’articolo 98, concorrenti con le aggravanti di cui al terzo comma, numeri 3), 3-bis), 3-ter) e 3-quater), non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità della stessa risultante dall’aumento conseguente alle predette aggravanti".
Procedibilità: d’ufficio
Competenza: Tribunale monocratico (ud. preliminare) (1° e 2° comma); Tribunale collegiale (3° e 4° comma)
Arresto: obbligatorio
Fermo: consentito
Custodia cautelare in carcere: consentita
Altre misure cautelari personali: consentite
Prescrizione: 10 anni (1° e 2° comma); 20 anni (3° e 4° comma)
La norma intende tutelare il patrimonio e la sicurezza dell’individuo, pertanto la rapina è un reato di natura plurioffensiva.
Allo stesso tempo, si tratta di un reato comune che può essere commesso da “chiunque” e che si connota per la condotta violenta impressa dall’agente nei confronti del soggetto passivo.
La rapina è un reato complesso per il quale, la sottrazione e l’impossessamento della cosa che già vengono a verificarsi con il furto, aggiunge l’ulteriore elemento della violenza o della minaccia: la prima richiede l’impiego di energia idonea a coartare la volontà della persona offesa, la seconda invece si basa sulla prospettazione di un male (anche semplicemente a seguito di un’azione o di un comportamento) tale da convincere la vittima a compiere un’azione che altrimenti non avrebbe voluto.
Il ricorso della violenza o della minaccia da parte dell’agente ha l’intento di ottenere la cosa oppure di assicurarsi l’impunità dopo aver sottratto il bene.
La disciplina dell’art. 629 c.p. distingue la rapina propria (comma 1) e la rapina impropria (comma 2).
La rapina propria ritiene il ricorso alla violenza o alla minaccia nei confronti del soggetto passivo come una condotta immediata perpetrata per vincere la resistenza della vittima: a seguito della violenza o minaccia il soggetto passivo è indotto a consegnare la cosa, a differenza invece di quanto avviene nell’estorsione (ex art. 629) dove la persona offesa ha la possibilità di scegliere tra il male minacciato e la consegna del bene.
In sostanza, si ritiene integrata la rapina ogni volta in cui la vittima, costretta nell’imminenza del danno e per l’immediatezza della minaccia, consegni subito la cosa.
E’ un esempio di rapina propria il ladro che minaccia con un’arma il malcapitato intimandole di consegnargli la borsa.
Diversamente, si parla di rapina impropria nel momento in cui la violenza o la minaccia vengano esercitate nel momento successivo alla sottrazione della cosa e con lo scopo di assicurarsene il possesso, oppure garantire a sé o altri l’impunità del reato.
Per esempio, il ladro che, intento a rubare l’automobile, venga sorpreso dal proprietario e sferri un pugno per guadagnarsi la fuga.
L’elemento soggettivo del reato di rapina è il dolo specifico, inteso come la coscienza e la volontà di impossessarsi della cosa mobile altrui, ricorrendo alla violenza o alla minaccia, con lo scopo di conseguire un profitto ingiusto.
E’ ammesso il tentativo sia nella rapina propria che in quella impropria, come il caso in cui il rapinatore non sia riuscito a portare a compimento il proprio intento criminoso.
Sono circostanze aggravanti della rapina previste dall’articolo 629 c.p.:
- il ricorso alla violenza o alla minaccia con armi;
- la violenza o la minaccia perpetrata da persona travisata o da persone riunite;
- la violenza o la minaccia sono in grado di porre la persona offesa in uno stato di incapacità;
- la rapina è commessa da persona appartenente ad associazione mafiosa;
- commessa in luoghi ritenuti di privata dimora o tali da ostacolare la pubblica o privata difesa;
- all’interno di mezzi pubblici di trasporto;
- nei confronti di chi si trovi a fruire, o lo abbia appena fatto, di istituti di credito, postali o sportelli automatici per il prelievo di denaro;
- ai danni di persona oltre i 65 anni.
Per quanto riguarda la pena, l’ipotesi-base della rapina prevede la reclusione da 5 a 10 anni e la multa da 927 a 2.500 euro.
Per la rapina aggravata, la reclusione va dai 6 ai 20 anni e la multa da 2.000 a 4.000 euro.
Vediamo alcuni tra gli orientamenti più recenti della giurisprudenza:
Corte di Cassazione, sezione 2, sentenza 16 giugno 2023, n. 26182
“Nel delitto di rapina il profitto può concretarsi in ogni utilità, anche solo morale, nonché in qualsiasi soddisfazione o godimento che l'agente si riprometta di ritrarre, anche non immediatamente, dalla propria azione, purché questa sia attuata impossessandosi con violenza o minaccia della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene”.
Corte di Cassazione, sezione 2, sentenza 25 maggio 2023, n. 22906
“Nel concorso di persone nel reato continuato l'accordo criminoso è occasionale e limitato, in quanto volto alla sola commissione di più reati ispirati da un medesimo disegno criminoso, mentre le condotte di partecipazione e promozione dell'associazione per delinquere presentano i requisiti della stabilità del vincolo associativo e dell'indeterminatezza del programma criminoso, elementi che possono essere provati anche attraverso la valutazione dei reati scopo, ove indicativi di un'organizzazione stabile e autonoma, nonché di una capacità progettuale che si aggiunge e persiste oltre la consumazione dei medesimi”.
Corte di Cassazione, sezione 5, sentenza 24 maggio 2023, n. 22614
“Nel reato di estorsione commesso nell'interesse di un'associazione di tipo mafioso, la simultanea presenza di non meno di due persone, necessaria a configurare la circostanza aggravante delle più persone riunite, deve essere individuata in relazione ai plurimi momenti in cui viene effettuata la richiesta estorsiva e alla pluralità dei soggetti che contattano la persona offesa esplicitando la natura collettiva della richiesta proveniente da più soggetti appartenenti al gruppo criminale”.
Corte di Cassazione, sezione 2, sentenza 17 maggio 2023, n. 21089
“La violazione del principio di correlazione tra contestazione e sentenza è ravvisabile nel caso in cui il fatto ritenuto nella decisione si trovi, rispetto a quello contestato, in rapporto di eterogeneità, ovvero quando il capo d'imputazione non contenga l'indicazione degli elementi costitutivi del reato ritenuto in sentenza, né consenta di ricavarli in via induttiva, tenendo conto di tutte le risultanze probatorie portate a conoscenza dell'imputato e che hanno formato oggetto di sostanziale contestazione”.
Corte di Cassazione, sezione 2, sentenza 26 aprile 2023, n. 17320
“La circostanza aggravante speciale, prevista, per il delitto di rapina, dall'art. 628, comma terzo, n. 3-quinquies, cod. pen., è correlata al dato del superamento dell'età di sessantacinque anni da parte della persona offesa, e non alla presunzione relativa di maggior vulnerabilità della vittima in ragione dell'età, cui fa, invece, riferimento la circostanza aggravante comune prevista dall'art. 61, n. 5, cod. pen.”.
Corte di Cassazione, sezione 2, sentenza 21 febbraio 2023, n. 7301
“Nel reato di rapina, l'elemento psicologico costituito dal fine di profitto può essere costituito da una qualsiasi utilità che il reo si riprometta di ottenere”.