L'articolo 567 del Codice Civile, rubricato "Successione dei figli adottivi", rientra nel Libro II – Delle successioni, Titolo II – Delle successioni legittime, Capo I – Della successione dei parenti.
Il Titolo II regola quell'aspetto del fenomeno successorio che trova la sua ragione nella legge e non nella volontà del defunto.
I presupposti sono la mancanza di un testamento (inteso come l'atto che rappresenta la massima espressione del suo autore), l'esistenza di un titolo per succedere (una relazione tra il chiamato e il defunto), oppure, in mancanza, un legame con lo Stato costituito dal rapporto di cittadinanza.
Vediamo il testo aggiornato della norma, il commento e la spiegazione semplice.
Art. 567 c.c.: testo aggiornato
Ecco il testo aggiornato e quindi ufficiale dell’art. 567 del Codice Civile.
Comma 1 dell'art. 567 c.c. "Ai figli sono equiparati gli adottivi".
Comma 2 dell'art. 567 c.c. "I figli adottivi sono estranei alla successione dei parenti dell'adottante".
Articolo 567 del Codice Civile: commento e spiegazione
Il decreto sulla filiazione ha modificato la norma nelle parti in contrasto con la riforma e non più attuali.
Per quanto concerne i figli adottivi, si rinvia a quanto spiegato ex art. 433 c.c. in materia di alimenti.
Casistica giurisprudenziale in tema di art. 567 c.c.
Vediamo la casistica della giurisprudenza in tema di art. 567 c.c.
Corte di Cassazione, sezione 2, sentenza 28 dicembre 1993, n. 12861
"L'interpretazione del testamento è caratterizzata, rispetto a quella contrattuale, da una più penetrante ricerca, al di là della mera dichiarazione, della volontà del testatore, la quale, alla stregua delle regole ermeneutiche di cui all'art. 1362 cod. civ. (applicabili, con gli opportuni adattamenti , anche in materia testamentaria), va individuata sulla base dell'esame globale della scheda testamentaria, con riferimento, essenzialmente nei casi dubbi, anche ad elementi estrinseci alla scheda, come la cultura, la mentalità e l'ambiente di vita del testatore. Ne deriva che il giudice di merito può attribuire alle parole usate dal testatore un significato diverso da quello tecnico e letterale, quando si manifesti evidente, nella valutazione complessiva dell'atto, che esse siano state adoperate in senso diverso, purché non contrastante ed antitetico, e si prestino ad esprimere, in modo più adeguato e coerente, la reale intenzione del de cuius ".