La norma in tema di atti di disposizione del proprio corpo è contenuta nell’art. 5 del Codice civile che così recita:
"Art. 5. Atti di disposizione del proprio corpo.
Gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando
cagionino una diminuzione permanente della integrità fisica, o
quando siano altrimenti contrari alla legge, all'ordine pubblico o al
buon costume".
Spiegazione dell’art. 5 del Codice civile
A norma dell’art. 5 del Codice civile, gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati in due ipotesi:
- quando cagionino una diminuzione permanente della integrità fisica;
- quando siano contrari alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume.
Si fa riferimento a una diminuzione dell’integrità fisica sulla base di due aspetti:
- sia quando si tratta di menomazioni;
- sia quando si tratta di diminuzione funzionale di un organo.
Gli atti di disposizione del proprio corpo possono dunque essere normalmente effettuati quando non cagionino una diminuzione permanente dell’integrità fisica, ad esempio sono comunemente ammessi atti quali il taglio dei capelli o delle unghie.
La legge prevede delle ipotesi di particolare valore morale e sociale, in relazione alle quali sono ammessi atti di disposizione del proprio corpo anche se decretano una diminuzione dell’integrità fisica permanente, è il caso delle donazioni di organi.
Anche gli interventi di modificazione dei caratteri sessuali costituiscono una deroga all’art. 5 c.c.
Allo stesso modo, sono da considerare leciti gli interventi medico-chirurgici, che comportino menomazioni all'integrità fisica, qualora siano volti a preservare la vita dell’individuo.
A tal proposito va specificato che il trattamento medico deve essere sempre fondato sul consenso dell’interessato.
La giurisprudenza sugli atti di disposizione del proprio corpo
La giurisprudenza, sul punto, si è sovente pronunciata, chiarendo l’ambito di applicabilità della norma di cui all’art. 5 del Codice civile.
La Corte di Cassazione, sezione I, con sentenza del 19 novembre 2019, n. 46895 ha in particolare stabilito che il libero consenso della vittima a farsi infliggere delle lesioni, in cambio di denaro, per truffare le assicurazioni o per evitare il servizio militare, non ha alcun valore scriminante.
Il Tribunale di Padova, con sentenza del 9 novembre 2007 ha stabilito che la circoncisione maschile, risolvendosi in una menomazione dell'integrità fisica, deve essere eseguita nel rispetto della buona pratica clinica e garantendo successivamente un'adeguata assistenza.