L'articolo 493 del Codice Civile, rubricato "Alienazione dei beni ereditari senza autorizzazione", rientra nel Libro II – Delle successioni, Titolo I – Disposizioni generali sulle successioni, Capo V – Dell'accettazione dell'eredità, Sezione II – Del beneficio d'inventario.
La successione è una fase di passaggio in cui una persona (ovvero il successore o avente causa) subentra alla posizione giuridica di un'altra (l'autore o dante causa).
L'istituto del beneficium inventarii ha lo scopo di tutelare il chiamato all'eredità dalle conseguenze negative e peggiorative che potrebbero scaturire dall'accettazione di un lascito in cui i pesi e i debiti superino il valore dei beni.
Vediamo il testo aggiornato della norma, il commento e la spiegazione semplice.
Art. 493 c.c.: testo aggiornato
Ecco il testo aggiornato e quindi ufficiale dell’art. 493 del Codice Civile:
Comma 1 dell'art. 493 c.c. "L'erede decade dal beneficio d'inventario, se aliena o sottopone a pegno o ipoteca beni ereditari, o transige relativamente a questi beni senza l'autorizzazione giudiziaria e senza osservare le forme prescritte dal codice di procedura civile".
Comma 2 dell'art. 493 c.c. "Per i beni mobili l'autorizzazione non è necessaria trascorsi cinque anni dalla dichiarazione di accettare con beneficio d'inventario".
Articolo 493 del Codice Civile: commento e spiegazione
L'elencazione sin qui esposta dalla norma non deve considerarsi tassativa.
Infatti, potranno essere compiuti, previa autorizzazione del Tribunale, tutti gli atti compresi nella straordinaria amministrazione e finalizzati alla conservazione e alla liquidazione del patrimonio ereditario.
In questo modo sarà possibile conservarne il corrispettivo per la liquidazione.
Al contrario, tuttavia, non possono essere compiuti atti aventi finalità diverse. Qualora fossero stati indebitamente autorizzati, comporteranno comunque la perdita del beneficio.
Casistica giurisprudenziale in tema di art. 493 c.c.
Vediamo la casistica della giurisprudenza in tema di art. 493 c.c.
Corte di Cassazione, sezione 2, ordinanza 24 febbraio 2022, n. 6146
"In caso di accettazione dell'eredità con beneficio di inventario, al fine di valutare se l'atto dismissivo, posto in essere dall'erede beneficiato, debba essere previamente autorizzato ai sensi dell'art. 493 c.c., occorre indagare se lo stesso si ponga come atto di straordinaria amministrazione, senza che rilevi la sua denominazione formale, sicché anche un atto denominato come transazione può esserne sottratto quando sia di ordinaria amministrazione, restando soggetto ad autorizzazione se sussiste il pericolo di diminuzione della garanzia patrimoniale. Ne consegue che detta autorizzazione non è necessaria quando tra creditore ed erede beneficiato intercorra una transazione che preveda il riconoscimento del debito ereditario in misura inferiore a quella richiesta in via giudiziale, con l'impegno degli eredi di far fronte all'obbligazione con denaro proprio, senza che rilevi in senso contrario, ed in presenza di accordo tra le parti circa la compensazione delle spese di giudizio transatto, l'ipotetica rinuncia al credito per le spese di lite che sarebbero spettate al "de cuius" nel giudizio oggetto di transazione, trattandosi di ragione creditoria del tutto ipotetica e venuta meno proprio per effetto della transazione, destinata a sostituirsi all'assetto regolamentare dedotto nella causa transatta".
Corte di Cassazione, sezione 2, sentenza 25 ottobre 2013, n. 24171
"In caso di accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario, l'art. 493 cod. civ. non consente all'erede beneficiato di disporre liberamente dei beni dell'asse, ma rimette al giudice la valutazione della convenienza di qualsiasi atto di alienazione o di straordinaria amministrazione, incidente sul patrimonio ereditario e non finalizzato alla sua conservazione e liquidazione, stante l'obbligo di amministrazione dei beni nell'interesse dei creditori e dei legatari".
Corte di Cassazione, sezione 2, sentenza 9 agosto 2005, n. 16739
"In tema di successioni "mortis causa", l'art. 484 cod. civ.,nel prevedere che l'accettazione con beneficio d'inventario si fa con dichiarazione, preceduta o seguita dalla redazione dell'inventario,delinea una fattispecie a formazione progressiva di cui sono elementi costitutivi entrambi gli adempimenti ivi previsti;infatti,sia la prevista indifferenza della loro successione cronologica,sia la comune configurazione in termini di adempimenti necessari, sia la mancata di una distinta disciplina dei loro effetti,fanno apparire ingiustificata l'attribuzione all'uno dell'autonoma idoneità a dare luogo al beneficio, salvo il successivo suo venir meno, in caso di difetto dell'altro. Ne consegue che, se da un lato la dichiarazione di accettazione con beneficio d'inventario ha una propria immediata efficacia,determinando il definitivo acquisto della qualità di erede da parte del chiamato che subentra perciò in "universum ius defuncti", compresi i debiti del "de cuius", d'altro canto essa non incide sulla limitazione della responsabilità "intra vires",che è condizionata (anche) alla preesistenza o alla tempestiva sopravvenienza dell'inventario,in mancanza del quale l'accettante è considerato erede puro e semplice (artt.485, 487, 488 cod. civ.) non perchè abbia perduto "ex post" il beneficio, ma per non averlo mai conseguito. Infatti, le norme che impongono il compimento dell'inventario in determinati termini non ricollegano mai all'inutile decorso del termine stesso un effetto di decadenza ma sanciscono sempre come conseguenza che l'erede viene considerato accettante puro e semplice, mentre la decadenza è chiaramente ricollegata solo ed esclusivamente ad alcune altre condotte,che attengono alla fase della liquidazione e sono quindi necessariamente successive alla redazione dell'inventario. Poiché l'omessa redazione dell'inventario comporta il mancato acquisto del beneficio e non la decadenza dal medesimo, ne consegue che all'erede, il quale agisce contro i terzi non chiamati alla successione, è precluso l'esperimento dell'azione di riduzione,non sussistendo il presupposto al riguardo richiesto dall'art. 564 primo comma ultima parte cod. civ., cioè l'accettazione con beneficio d'inventario".
Corte di Cassazione, sezione 1, sentenza 14 marzo 2003, n. 3791
"La riassunzione dei giudizi promossi dal "de cuius" e la gestione dell'impresa commerciale relativa all'azienda commerciale caduta nell'eredità, se contenuta nei limiti del normale esercizio, effettuate dall'erede che abbia accettato l'eredità con beneficio di inventario costituiscono atti di ordinaria amministrazione e, conseguentemente, non cagionano la decadenza dell'erede da detto beneficio".
Corte di Cassazione, sezione 2, sentenza 18 agosto 1981, n. 4933
"La morte del soggetto che si sia obbligato ad una determinata prestazione (nella specie, costruzione di villette ed opere di urbanizzazione di un fondo) non costituisce di per sé sola evento che dimostri l'incolpevole impossibilità dell'erede beneficiato di adempiere in tutto o in parte la prestazione a cui si era obbligato il proprio dante causa, dal momento che, da una parte, la semplice maggiore difficoltà della prestazione che renda più oneroso l'adempimento dell'obbligazione non esclude la responsabilità per inadempimento, mentre, dall'altra, l'erede, anche beneficiato, è pur sempre responsabile per quei fatti pregiudizievoli per i terzi creditori dell'eredità, verificatisi dopo la morte del de cuius e che siano a lui imputabili".