L'articolo 488 del Codice Civile, rubricato "Dichiarazione in caso di termine fissato dall'autorità giudiziaria", rientra nel Libro II – Delle successioni, Titolo I – Disposizioni generali sulle successioni, Capo V – Dell'accettazione dell'eredità, Sezione II – Del beneficio d'inventario.
La successione è una fase di passaggio in cui una persona (ovvero il successore o avente causa) subentra alla posizione giuridica di un'altra (l'autore o dante causa).
L'istituto del beneficium inventarii ha lo scopo di tutelare il chiamato all'eredità dalle conseguenze negative e peggiorative che potrebbero scaturire dall'accettazione di un lascito in cui i pesi e i debiti superino il valore dei beni.
Vediamo il testo aggiornato della norma, il commento e la spiegazione semplice.
Art. 488 c.c.: testo aggiornato
Ecco il testo aggiornato e quindi ufficiale dell’art. 488 del Codice Civile:
Comma 1 dell'art. 488 c.c. "Il chiamato all'eredità che non è nel possesso di beni ereditari, qualora gli sia stato assegnato un termine a norma dell'art. 481, deve, entro detto termine, compiere anche l'inventario; se fa la dichiarazione e non l'inventario, è considerato erede puro e semplice".
Comma 2 dell'art. 488 c.c. "L'autorità giudiziaria può accordare una dilazione".
Articolo 488 del Codice Civile: commento e spiegazione
Il chiamato all'eredità, non in possesso dei beni ereditari, può accettare con beneficio di inventario nel caso in cui il giudice abbia fissato un termine entro il quale accettare.
Entro detto termine è necessario redigere anche l'inventario dei beni.
Nel caso in cui, pur accogliendo il termine, non si adoperi all'inventario, il chiamato sarà considerato erede puro e semplice.
Casistica giurisprudenziale in tema di art. 488 c.c.
Vediamo la casistica della giurisprudenza in tema di art. 488 c.c.
Corte di Cassazione, sezione 2, sentenza 26 marzo 2012, n. 4849
"In tema di successioni per causa di morte, il termine fissato dal giudice, ai sensi dell'art. 481 cod. civ., entro il quale il chiamato deve dichiarare la propria eventuale accettazione dell'eredità, anche con inventario, è un termine di decadenza, essendo finalizzato a far cessare lo stato di incertezza che caratterizza l'eredità fino all'accettazione del chiamato. Ne consegue che dal decorso di detto termine, in assenza della dichiarazione, discende la perdita del diritto di accettare, rimanendo preclusa ogni proroga di esso, senza che rilevi in senso contrario la possibilità di dilazione consentita dall'art. 488, secondo comma, cod. civ. unicamente per la redazione dell'inventario".
Corte di Cassazione, sezione 2, sentenza 9 agosto 2005, n. 16739
"In tema di successioni "mortis causa", l'art. 484 cod. civ.,nel prevedere che l'accettazione con beneficio d'inventario si fa con dichiarazione, preceduta o seguita dalla redazione dell'inventario, delinea una fattispecie a formazione progressiva di cui sono elementi costitutivi entrambi gli adempimenti ivi previsti; infatti, sia la prevista indifferenza della loro successione cronologica, sia la comune configurazione in termini di adempimenti necessari, sia la mancata di una distinta disciplina dei loro effetti, fanno apparire ingiustificata l'attribuzione all'uno dell'autonoma idoneità a dare luogo al beneficio, salvo il successivo suo venir meno, in caso di difetto dell'altro. Ne consegue che, se da un lato la dichiarazione di accettazione con beneficio d'inventario ha una propria immediata efficacia, determinando il definitivo acquisto della qualità di erede da parte del chiamato che subentra perciò in "universum ius defuncti", compresi i debiti del "de cuius", d'altro canto essa non incide sulla limitazione della responsabilità "intra vires",che è condizionata (anche) alla preesistenza o alla tempestiva sopravvenienza dell'inventario,i n mancanza del quale l'accettante è considerato erede puro e semplice (artt.485, 487, 488 cod. civ.) non perchè abbia perduto "ex post" il beneficio, ma per non averlo mai conseguito. Infatti, le norme che impongono il compimento dell'inventario in determinati termini non ricollegano mai all'inutile decorso del termine stesso un effetto di decadenza ma sanciscono sempre come conseguenza che l'erede viene considerato accettante puro e semplice, mentre la decadenza è chiaramente ricollegata solo ed esclusivamente ad alcune altre condotte,c he attengono alla fase della liquidazione e sono quindi necessariamente successive alla redazione dell'inventario. Poiché l'omessa redazione dell'inventario comporta il mancato acquisto del beneficio e non la decadenza dal medesimo, ne consegue che all'erede, il quale agisce contro i terzi non chiamati alla successione, è precluso l'esperimento dell'azione di riduzione,non sussistendo il presupposto al riguardo richiesto dall'art. 564 primo comma ultima parte cod. civ., cioè l'accettazione con beneficio d'inventario".
Corte di Cassazione, sezione 1, sentenza 7 aprile 1972, n. 1043
"Il precetto,quale intimazione di adempiere l'Obbligo risultante dal titolo esecutivo,deve essere intimato,nel caso di morte del debitore originario,all'erede o a chi,pur non essendo erede,abbia,a norma di legge,il potere di rappresentanza giudiziale dell'eredita. Quando il chiamato non ha accertato l'eredita e non e nel possesso dei beni ereditari,il precetto dev'essere intimato al curatore dell'eredita di cui sia stata provocata la nomina a norma dell'art 528 cod civ, non potendo trovare applicazione l'art 486 cod civ il quale,nello stabilire che,durante il termine per fare l'inventario,il chiamato puo stare in giudizio come convenuto per rappresentare l'eredita,si riferisce al chiamato che e nel possesso dei beni,considerato nel precedente articolo 485".