L’articolo 483 del Codice Civile, rubricato “Impugnazione per errore”, rientra nel Libro II – Delle successioni, Titolo I – Disposizioni generali sulle successioni, Capo V – Dell'accettazione dell'eredità, Sezione I – Disposizioni generali.
La successione è una fase di passaggio in cui una persona (ovvero il successore o avente causa) subentra alla posizione giuridica di un'altra (l'autore o dante causa).
L’accettazione dell’eredità, che produce l’effetto dell’acquisto, consiste in una manifestazione unilaterale e irrevocabile.
Vediamo il testo aggiornato della norma, il commento e la spiegazione semplice.
Art. 483 c.c.: testo aggiornato
Ecco il testo aggiornato e quindi ufficiale dell’art. 483 del Codice Civile:
Comma 1 dell'art. 483 c.c.: "L'accettazione dell'eredità non si può impugnare se è viziata da errore".
Comma 2 dell'art. 483 c.c. "Tuttavia, se si scopre un testamento del quale non si aveva notizia al tempo dell'accettazione, l'erede non è tenuto a soddisfare i legati scritti in esso oltre il valore dell'eredità, o con pregiudizio della porzione legittima che gli è dovuta . Se i beni ereditari non bastano a soddisfare tali legati, si riducono proporzionalmente anche i legati scritti in altri testamenti. Se alcuni legatari sono stati già soddisfatti per intero, contro di loro è data azione di regresso".
Comma 3 dell'art. 483 c.c. "L'onere di provare il valore dell'eredità incombe all'erede".
Articolo 483 del Codice Civile: commento e spiegazione
La norma intende tutelare l'erede da tutte quelle conseguenze negative generate dall'accettazione dell'eredità che, presumibilmente, avrebbe accettato con beneficio di inventario se fosse stato edotto dell'esistenza del testamento scoperto precedentemente.
La formulazione della disciplina esclude l'impugnazione dell'eredità nel caso in cui sussista un errore-vizio. Si intende tale una falsa rappresentazione della realtà, idoneamente capace di incidere sulla libera formazione della volontà negoziale del soggetto interessato.
Un tipico errore vizio è quello sulla consistenza dell'eredità.
La disposizione riconosce implicitamente all'erede che ha accettato il lascito ereditario l'essere anche automaticamente erede testamentario.
Casistica giurisprudenziale in tema di art. 483 c.c.
Vediamo la casistica della giurisprudenza in tema di art. 483 c.c.
Corte di Cassazione, sezione 2, sentenza 8 gennaio 2013, n. 264
"In tema di successioni "mortis causa", è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., dell'art. 480, secondo comma, cod. civ., interpretato nel senso che il termine decennale di prescrizione del diritto di accettare l'eredità decorre unitariamente dal giorno dell'apertura della successione, pure nel caso di successiva scoperta di un testamento del quale non si aveva notizia. Invero, detta disciplina si rivela frutto di una scelta ragionevole del legislatore, in quanto finalizzata, come in tutte le ipotesi di prescrizione, al perseguimento della certezza delle situazioni giuridiche, e quindi ispirata dall'esigenza di cristallizzare in modo definitivo, dopo un certo lasso di tempo, la regolamentazione dei diritti ereditari tra le diverse categorie di successibili, in maniera da accordare specifica tutela a chi abbia accettato, nell'indicato termine di dieci anni, l'eredità devolutagli per legge o per testamento, ed anche a chi, dopo aver accettato nel termine l'eredità legittima, abbia fatto valere un testamento successivamente scoperto, rispetto a colui che, chiamato per testamento e non pure per legge all'eredità, non abbia potuto accettare la stessa nel termine di prescrizione per mancata conoscenza dell'esistenza di tale scheda testamentaria; d'altra parte, prevedendo l'art. 480 cod. civ. un termine prescrizionale, cui va riconosciuta natura sostanziale e non processuale, esso rimane per sua natura estraneo all'ambito di tutela dell'art. 24 Cost., in quanto non volto all'esercizio del diritto di difesa".
Corte di Cassazione, sezione 2, sentenza 8 gennaio 2013, n. 264
"Il vigente ordinamento giuridico non prevede due distinti ed autonomi diritti di accettazione dell'eredità, derivanti l'uno dalla delazione testamentaria e l'altro dalla delazione legittima, ma contempla – con riguardo al patrimonio relitto dal defunto, quale che sia il titolo della chiamata – un unico diritto di accettazione, che, se non viene fatto valere, si prescrive nel termine di dieci anni dal giorno dell'apertura della successione, come conferma l'art. 483, secondo comma, cod. civ., il quale attribuisce automatico rilievo ad un testamento scoperto dopo l'accettazione dell'eredità (pur limitando entro il valore dell'asse l'obbligo di soddisfare i legati ivi disposti), senza che esso debba essere a sua volta accettato".
Corte di Cassazione, sezione 2, sentenza 18 ottobre 1988, n. 5666
"Il vigente ordinamento giuridico non contempla due distinti ed autonomi diritti di accettazione dell'eredità, derivanti l'uno dalla devoluzione testamentaria e l'altro da quella legittima, ciascuno soggetto ad un proprio termine di prescrizione, ma prevede (con riguardo al patrimonio relitto dal defunto, quale che ne sia il titolo della chiamata) un unico diritto d'accettazione, che, se non viene fatto valere, si prescrive nel termine di dieci anni decorrente dal giorno dell'apertura della successione, e che se è, invece, esercitato, mediante l'accettazione dell'eredità devoluta per legge consente al chiamato ed ai terzi, nel caso di testamento successivamente scoperto, qualunque sia il tempo trascorso dalla apertura della successione, di chiederne l'esecuzione, sia nella ipotesi in cui il testamento sia più favorevole al chiamato (perché ad esempio gli attribuisce una quota maggiore rispetto a quella devoluta per legge ovvero beni ulteriori) sia nell'ipotesi opposta, nel qual caso però vige il principio secondo cui l'erede non è tenuto a soddisfare i legati scritti nel testamento oltre il valore dell'eredità o con pregiudizio della porzione di legittima che gli è dovuta".