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28 Novembre 2023
15:00

Art. 478 c.c. “Rinunzia che importa accettazione”: commentato e spiegato semplicemente

L'art. 478 c.c., rubricato "Rinunzia che importa accettazione”, rientra nel Libro II, Titolo I, Capo V, Sezione I del Codice Civile. Vediamo la norma, il commento, la spiegazione e la casistica della giurisprudenza.

Art. 478 c.c. “Rinunzia che importa accettazione”: commentato e spiegato semplicemente
Dottoressa in Giurisprudenza
Art. 478 c.c. “Rinunzia che importa accettazione”: commentato e spiegato semplicemente

L’articolo 478 del Codice Civile, rubricato “Rinunzia che importa accettazione”, rientra nel Libro II – Delle successioni, Titolo I – Disposizioni generali sulle successioni, Capo V – Dell'accettazione dell'eredità, Sezione I – Disposizioni generali.

La successione è una fase di passaggio in cui una persona (ovvero il successore o avente causa) subentra alla posizione giuridica di un'altra (l'autore o dante causa).

L’accettazione dell’eredità, che produce l’effetto dell’acquisto, consiste in una manifestazione unilaterale e irrevocabile.

Vediamo il testo aggiornato della norma, il commento e la spiegazione semplice.

Art. 478 c.c.: testo aggiornato

Ecco il testo aggiornato e quindi ufficiale dell’art. 478 del Codice Civile:

La rinunzia ai diritti di successione, qualora sia fatta verso corrispettivo o a favore di alcuni soltanto dei chiamati, importa accettazione”.

Articolo 478 del Codice Civile: commento e spiegazione

Il legislatore indica un’ipotesi ulteriore di accettazione tipica e che va ad aggiungersi alle già previste inserite al precedente articolo 476 del Codice Civile. Quella disciplinata e in esame rientra pertanto tra le ipotesi di accettazione tacita.

L’atto dispositivo dell’eredità, ovvero la rinuncia verso corrispettivo, pone in essere una vera alienazione dei diritti concernenti l’eredità e da cui discendere un’accettazione tacita resa dal disponente che aliena.

Compiere una rinuncia solo in favore di alcuni dei chiamati all’eredità, richiede necessariamente un’accettazione resa da colui il quale rinunci e che compie, rispettivamente parlando, un atto di alienazione verso corrispettivo oppure una donazione a titolo gratuito dei diritti ereditari.

A ogni modo, l’utilizzo dell’espressione “rinuncia” viene utilizzato in maniera impropria poiché, a ben vedere, non si tratta di alcuna manifestazione abdicativa dei propri diritti (come avviene nel caso della rinuncia, di cui all’art. 519 c.c.), quanto piuttosto una delazione dell’eredità.

Casistica giurisprudenziale in tema di art. 478 c.c.

Vediamo la casistica della giurisprudenza in tema di art. 478 c.c.

Corte di Cassazione, sezione TRI, sentenza 16 maggio 2007, n. 11213
L'erede legittimo che non abbia partecipato al giudizio, promosso dagli altri eredi legittimi, diretto a far dichiarare la decadenza del (diverso soggetto) chiamato con testamento dal diritto di accettare l'eredità, qualora convenga in via transattiva di rinunciare agli effetti della sentenza a fronte dell'attribuzione in proprietà di immobili facenti parte dell'asse ereditario, non si limita (come erroneamente affermato dal giudice di merito) a rinunciare "a far valere la decadenza", in quanto il potere così esercitato afferisce comunque ad un diritto sull'eredità, almeno vantato in quanto chiamato, e quindi a lui appartenente perché espressivo del diritto di accettare quell'eredità. La rinuncia dedotta in transazione non è quindi avulsa dalla qualità di erede legittimo, sicché quanto ricevuto in sede transattiva costituisce tacitazione non già della rinunzia a far valere la decadenza, ma del diritto a succedere in via legittima al "de cuius" e, quindi, esercizio di tale diritto”.

Corte di Cassazione, sezione TRI, sentenza 16 maggio 2007, n. 11213
Il giudicato può spiegare efficacia riflessa anche nei confronti di soggetti estranei al rapporto processuale, quando contenga (come nel caso) un'affermazione obiettiva di verità (decadenza del chiamato con testamento dal diritto ad accettare l'eredità, pronunciata su domanda di alcuni eredi legittimi) che non ammette la possibilità di un diverso accertamento, qualora (come nella specie) siffatta efficacia non si risolve in un pregiudizio giuridico, ma addirittura in un beneficio per il terzo estraneo al giudizio (qui, l'altro erede legittimo), non essendo sufficiente l'autonomia del soggetto titolare di una pretesa analoga a quella dei partecipanti al giudizio ad escludere una estensione oggettiva del giudicato”.

Corte di Cassazione, sezione 2, sentenza 18 maggio 1971, n. 1476
In linea generale è configurabile il collegamento fra la rinuncia all'eredità da parte di un chiamato ed una convenzione fra i chiamati alla medesima eredita per limitare e persino escludere l'efficacia della rinuncia nei rapporti interni in tal caso, salva l'ipotesi di contrasto con norme imperative, le parti realizzano una situazione negoziale complessa, nella quale il negozio tipico della rinuncia ed i suoi effetti legali vengono deviati ed utilizzati secondo lo schema e l'intento pratico predeterminato nella convenzione la disciplina di siffatta ipotesi di collegamento negoziale deve essere desunta da un'attenta valutazione del profilo funzionale, cioè dello scopo concretamente perseguito e della natura ed intensità del collegamento”.

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Virginia Sacco
Dottoressa in Giurisprudenza
Dopo la laurea presso l'Università degli Studi di Napoli - Federico II, ho seguito le mie passioni specializzandomi prima in Sicurezza economica, Geopolitica e Intelligence presso SIOI - UN ITALY e, successivamente, in Diritto dell'Unione Europea presso il mio ateneo di origine. Ho concluso la pratica forese in ambito penale, occupandomi di reati finanziari e doganali. Nel corso degli anni ho preso parte attivamente a eventi, attività e progetti a livello europeo e internazionale, approfondendo i temi della cooperazione giudiziaria e del diritto penale internazionale. Ho scritto di cybersicurezza, minacce informatiche e sicurezza internazionale per "Agenda Digitale" e "Cyber Security 360". Su Lexplain scrivo di diritto con parole semplici e accessibili.
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