L’articolo 474 del Codice Civile, rubricato “Modi di accettazione”, rientra nel Libro II – Delle successioni, Titolo I – Disposizioni generali sulle successioni, Capo V – Dell'accettazione dell'eredità, Sezione I – Disposizioni generali.
La successione è una fase di passaggio in cui una persona (ovvero il successore o avente causa) subentra alla posizione giuridica di un'altra (l'autore o dante causa).
L’accettazione dell’eredità, che produce l’effetto dell’acquisto, consiste in una manifestazione unilaterale e irrevocabile.
Vediamo il testo aggiornato della norma, il commento e la spiegazione semplice.
Art. 474 c.c.: testo aggiornato
Ecco il testo aggiornato e quindi ufficiale dell’art. 474 del Codice Civile:
“L'accettazione può essere espressa o tacita”.
Articolo 474 del Codice Civile: commento e spiegazione
L’assunzione della qualità di erede passa per la necessaria accettazione del lascito ereditario.
Per questa ragione, quindi, l’accettazione dell’eredità deve essere totale e definitiva, poiché determina una continuazione dell’erede nella personalità giuridica del defunto.
Inoltre, a differenza dell’accettazione con beneficio di inventario che può essere solo espressa, l'accettazione pura e semplice può essere manifestata sia espressamente che tacitamente.
Non è ammessa una accettazione parziale, ovvero sottoposta a condizione o termine.
Casistica giurisprudenziale in tema di art. 474 c.c.
Vediamo la casistica della giurisprudenza in tema di art. 474 c.c.
Tribunale di Benevento, sezione 1, sentenza 9 marzo 2023
“L'accettazione dell'eredità può essere espressa o tacita ed è tacita (o cd. implicita) quando il chiamato all'eredità compie un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede. Si tratta di un cd. comportamento concludente in cui coesistono due requisiti imprescindibili: uno oggettivo (l'avere posto in essere un atto riservato all'erede); uno soggettivo, la volontà di accettare. In particolare, il pagamento delle spese funerarie da parte di un membro della famiglia costituisce l'espressione di un dovere morale e familiare, da non potere, dunque, essere ricondotto "tout court" all'adempimento di un peso ereditario. Si tratta, pertanto, di un atto che non può costituire accettazione tacita dell'eredità”.
Corte di Cassazione, sezione L, sentenza 30 agosto 2018, n. 21436
“In tema di successioni "mortis causa", la delazione che segue l'apertura della successione, pur rappresentando un presupposto, non è da sola sufficiente all'acquisto della qualità di erede, essendo necessaria l'accettazione da parte del chiamato, mediante "aditio" o per effetto di una "pro herede gestio", oppure la ricorrenza delle condizioni di cui all'art. 485 c.c.; nell'ipotesi di giudizio instaurato nei confronti del preteso erede per debiti del "de cuius", incombe su chi agisce, in applicazione del principio generale di cui all'art. 2697 c.c., l'onere di provare l'assunzione della qualità di erede, che non può desumersi dalla mera chiamata all'eredità, non operando alcuna presunzione in tal senso, ma consegue solo all'accettazione dell'eredità, espressa o tacita, la cui ricorrenza rappresenta un elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto evocato in giudizio nella predetta qualità”.
Corte di Cassazione, sezione 2, sentenza 10 maggio 2018, n. 11318
“Colui che eccepisca la non integrità del contraddittorio ha l'onere, qualora questa non possa essere rilevata direttamente dagli atti o in base alle prospettazioni delle parti, non solo di indicare i soggetti che rivestono la qualità di litisconsorti necessari asseritamente pretermessi, ma anche di provare i presupposti di fatto e di diritto dell’invocata integrazione e, quindi, i titoli in forza dei quali essi assumono tale qualità. Ne consegue che chi deduca la mancata "vocatio in jus" di uno degli eredi del "de cuius" è tenuto a dimostrare l'avvenuta accettazione di eredità ad opera dello stesso”.
Corte di Cassazione, sezione 6-2, ordinanza 6 marzo 2018, n. 5247
“In tema di successioni "mortis causa", ai fini dell'acquisto della qualità di erede non è di per sé sufficiente, neanche nella successione legittima, la delazione dell'eredità che segue l'apertura della successione, essendo necessaria l'accettazione del chiamato mediante una dichiarazione di volontà oppure un comportamento obiettivo di acquiescenza”.
Corte di Cassazione, sezione 2, sentenza 15 settembre 2017, n. 21456
“L’art. 471 c.c., disponendo che le eredità devolute ai minori e agli interdetti non si possono accettare se non con il beneficio di inventario, esclude che il rappresentante legale dell'incapace possa accettare l'eredità in modo diverso, sicchè l'eventuale accettazione tacita, fatta dal rappresentante con il compimento di uno degli atti previsti dall'art. 476 c.c., non produce alcun effetto giuridico nei confronti dell'incapace. Tuttavia, se a seguito dell'inefficace accettazione dell'eredità per suo conto fatta dal legale rappresentante il soggetto già minore d'età non provvede- ai sensi dell'art. 489 c.c.- a conformarsi alle disposizioni degli artt. 484 e segg. c.c. entro l'anno dal raggiungimento della maggiore età, rimane ferma con pieni effetti l'accettazione pura e semplice già avvenuta nel suo interesse ed acquistano efficacia anche tutti gli atti inerenti all'eredità accettata posti in essere dal rappresentante legale del minore”.
Corte di Cassazione, sezione 2, sentenza 21 ottobre 2011, n. 21902
“In tema di successioni per causa di morte, la qualità di erede può conseguire esclusivamente all'accettazione espressa, che si configura come un negozio unilaterale non recettizio, o tacita, che si configura come un comportamento concludente del chiamato all'eredità. Ne consegue che tale qualità, per gli effetti che si determinano nella sfera del chiamato, deve necessariamente essere ricondotta alla volontà di quest'ultimo, non potendo scaturire da dichiarazioni di terzi”.
Corte di Cassazione, sezione 2, sentenza 21 ottobre 2011, n. 21902
“In tema di successioni per causa di morte, la qualità di erede può conseguire esclusivamente all'accettazione espressa, che si configura come un negozio unilaterale non recettizio, o tacita, che si configura come un comportamento concludente del chiamato all'eredità. Ne consegue che tale qualità, per gli effetti che si determinano nella sfera del chiamato, deve necessariamente essere ricondotta alla volontà di quest'ultimo, non potendo scaturire da dichiarazioni di terzi”.
Corte di Cassazione, sezione 2, sentenza 2 agosto 2011, n. 16913
“La revoca della rinuncia all'eredità, di cui all'art. 525 cod. civ., non costituisce, anche sotto il profilo formale, un atto o negozio giuridico autonomo, bensì l'effetto della sopravvenuta accettazione dell'eredità medesima da parte del rinunciante, il cui verificarsi, pertanto, va dedotto dal mero riscontro della validità ed operatività di tale successiva accettazione, sia essa espressa o tacita”.
Corte di Cassazione, sezione 3, sentenza 8 giugno 2007, n. 13384
“L'accettazione tacita di eredità, ex art. 476 cod. civ., ben può essere desunta dalla partecipazione del chiamato all'eredità, sia pure in contumacia, a due giudizi di merito concernenti beni del "de cuius" (nella specie aventi ad oggetto il recesso dalla compravendita di immobili), e ciò anche se lo stesso chiamato nella fase d'appello e informalmente – mediante uno scritto – abbia dichiarato il disinteresse alla lite, trattandosi di comportamento inconciliabile con la tardiva rinuncia, condizionata dall'esito della lite”.
Corte di Cassazione, sezione L, sentenza 2 settembre 2003, n. 12780
“In caso di decesso della parte costituita in giudizio, la costituzione volontaria, per la prosecuzione dello stesso, da parte della vedova, in assenza di spendita della qualità di erede, può costituire, in relazione all'oggetto del giudizio (nella specie, equo indennizzo), e alle altre circostanze processuali, accettazione tacita dell'eredità ai sensi degli artt. 474 e 476 cod. civ., rilevante ai fini della prosecuzione del giudizio ex art. 299 cod. proc. civ.”.
Corte di Cassazione, sezione 3, sentenza 29 marzo 2003, n. 4845
“L'onere imposto dall'art. 485 cod. civ. al chiamato all'eredità che si trovi nel possesso di beni ereditari di fare l'inventario entro tre mesi dal giorno dell'apertura della successione o della notizia di essa condiziona non solo la facoltà del chiamato di accettare l'eredità con beneficio di inventario ex art. 484 dello stesso codice, ma anche quella di rinunciare all'eredità, ai sensi del successivo art. 519, in maniera efficace nei confronti dei creditori del "de cuius", dovendo il chiamato, allo scadere del termine stabilito per l'inventario, essere considerato erede puro e semplice”.