L’art. 322 del Codice Penale, rubricato “Istigazione alla corruzione”, dispone che:
“Chiunque offre o promette denaro od altra utilità non dovuti, a un pubblico ufficiale o a un incaricato di un pubblico servizio, per l'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nel primo comma dell'articolo 318, ridotta di un terzo.
Se l'offerta o la promessa è fatta per indurre un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio a omettere o a ritardare un atto del suo ufficio, ovvero a fare un atto contrario ai suoi doveri, il colpevole soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nell'articolo 319, ridotta di un terzo.
La pena di cui al primo comma si applica al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio che sollecita una promessa o dazione di denaro o altra utilità per l'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri.
La pena di cui al secondo comma si applica al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio che sollecita una promessa o dazione di denaro od altra utilità da parte di un privato per le finalità indicate dall'articolo 319”.
Procedibilità: d'ufficio
Competenza: Tribunale collegiale
Arresto: facoltativo
Fermo: non consentito (1° e 3° comma); consentito (2° e 4° comma)
Custodia cautelare in carcere: consentita
Altre misure cautelari personali: consentite (v. art. 289, comma 2, c.p.p.)
Termine di prescrizione: 6 anni (1° e 3° comma); 6 anni e 8 mesi (2° e 4° comma)
La norma è stata sostituita dall’art. 12, Legge del 26 aprile 1990, n. 86 e modificato dall’art. 3, Legge del 7 febbraio 1992, n. 181.
Per offerta si fa riferimento alla dazione effettiva e spontanea devoluta in termini di denaro o altra utilità, mentre per promessa è da intendersi l’impegno di una prestazione futura.
Ai fini della configurabilità del reato, è sufficiente sia la promessa sia l’offerta, tale da turbare il funzionario pubblico.