L’art. 319 del Codice Penale, rubricato “Corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio”, dispone che:
“Il pubblico ufficiale, che, per omettere o ritardare o per avere omesso o ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto contrario ai doveri d'ufficio, riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da sei a dieci anni”.
Procedibilità: d'ufficio
Competenza: Tribunale collegiale
Arresto: facoltativo
Fermo: facoltativo
Custodia cautelare in carcere: consentita
Altre misure cautelari personali: consentite
Termine di prescrizione: 10 anni
La norma disciplina la cd. corruzione propria riguardante il mercimonio per l’omissione o il ritardo del compimento di un atto contrario ai doveri del funzionario.
Per potersi integrare il reato di corruzione propria, è sufficiente la generica competenza del funzionario dovuta alla sua appartenenza all’ufficio pubblico che gli consente di realizzare l’attività – o qualsiasi tipo di ingerenza – illegittima tale da influenzare l’emanazione dell’atto amministrativo in oggetto.
E’ necessario però dimostrare che l’atto contrario all’ufficio o servizio sia la causa dell’accettazione della promessa di denaro o della consegna dell’utilità illegittimamente concordata.
E’ ammesso il tentativo sotto forma di induzione.
L'elemento soggettivo è il dolo generico consistente cioè nella rappresentazione, da parte del pubblico agente, delle conseguenze illecite da voler raggiungere.