L’art. 314 c.p., rubricato “Peculato”, dispone che:
“Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di danaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria, è punito con la reclusione da quattro anni a dieci anni e sei mesi.
Si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni quando il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, e questa, dopo l'uso momentaneo, è stata immediatamente restituita”.
Procedibilità: d'ufficio
Competenza: Tribunale collegiale
Arresto: facoltativo (1° comma); non consentito (2° comma)
Fermo: consentito (1° comma); non consentito (2° comma)
Custodia cautelare in carcere: consentita (1° comma); non consentita (2° comma)
Altre misure cautelari personali: consentite (1° comma); . art. 289, comma 2 c.p.p.
Termine di prescrizione: 10 anni e 6 mesi (1° comma); 6 anni (2° comma)
La norma disciplina il primo dei reati contro la Pubblica Amministrazione e, in particolare, il primo dei reati dei pubblici ufficiali o degli incaricati di un pubblico servizio contro la stessa.
Il testo del primo comma dell’articolo è stato modificato a seguito di due interventi normativi, dapprima ex art. 1, comma 75, L. 06.11.2012, n. 190 e successivamente dall'art. 1, L. 27.05.2015, n. 69.
La norma mira a tutelare sia il regolare funzionamento e prestigio della Pubblica Amministrazione, sia gli interessi patrimoniali della stessa, punendo eventuali danni causati. Il reato di peculato ha, pertanto, natura plurioffensiva che persiste in quanto tale anche ove non sia cagionato un pregiudizio patrimoniale alla PA.
In tema di peculato, si ritengono essere di utile approfondimento le seguenti pronunce della Corte di Cassazione:
- Corte di Cassazione, sezione 6, sentenza 9 giugno 2023, n. 25173 "Non integra il delitto di peculato l'utilizzo dei fondi di una società interamente partecipata da un ente pubblico che provveda al perseguimento di una finalità dell'ente medesimo, in quanto non sussiste il requisito dell'appropriazione, né della distrazione del denaro per fini privatistici, potendosi al più ipotizzare una irregolarità rilevabile sotto il profilo della responsabilità contabile, inidonea a dar luogo al reato in esame. La regolarità contabile attiene esclusivamente al profilo della liceità amministrativa e può, eventualmente, determinare una responsabilità risarcitoria in capo ai pubblici amministratori, senza che ne consegua necessariamente anche una responsabilità di tipo penale";
- Corte di Cassazione, sezione 6, sentenza 3 gennaio 2023, n. 39 "Commette il reato di peculato continuato, di cui agli articoli 81, comma 2, e 314, comma 1, del Codice penale, il pubblico ufficiale che, in più occasioni ed avendone già la disponibilità per ragione del proprio ufficio, sebbene sostituito nella funzione di economo, continua, per prassi irrituali dell'Ufficio, a maneggiare il denaro pubblico, di cui se ne appropria illecitamente; invero, il reato di truffa aggravata, di cui agli articoli 640, comma 2, numero 1), e 61, numero 9), del Codice penale, è ravvisabile solo se il reo, non avendo tale possesso, se lo procura fraudolentemente, facendo ricorso ad artifici o raggiri";
- Corte di Cassazione, sezione 6, sentenza 31 marzo 2016, n. 13038 "La condotta del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio che utilizza reiteratamente l'autovettura di servizio per finalità attinenti alla vita privata configura il reato di cui all'art. 314, comma 1°, c.p. in quanto realizza una condotta appropriativa di un bene della pubblica amministrazione per la cui integrazione è sufficiente l'esercizio da parte dell'agente di un potere uti dominus tale da sottrarre il bene alla disponibilità dell'ente"