L’art. 30 della Costituzione italiana così dispone:
“È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio. Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti. La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima. La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità”.
Spiegazione dell’art. 30 della Costituzione
All’art. 30 della Costituzione è sancito il dovere e il diritto dei genitori di mantenere, istruire ed educare i figli. Lo stesso diritto e lo stesso dovere deve essere riferito ai figli nati fuori dal matrimonio. Va ricordato, in proposito, che con legge 10 dicembre 2012, n. 219, sono state eliminate dall'ordinamento le residue distinzioni tra figli legittimi e figli naturali.
Con l’approvazione della legge in questione è stato dunque applicato il principio: "tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico".
Va inoltre ricordato che i doveri e i diritti dei genitori non cessano con il cessare del matrimonio: i genitori restano tali anche dopo il divorzio e hanno, nei confronti dei figli, la stessa posizione che assumevano in precedenza.
Casistica giurisprudenziale
Alcune interessanti sentenze sul tema.
Corte di Cassazione, sez. I, ordinanza del 12 luglio 2022, n. 22075
“Nel giudizio di separazione e divorzio, a fronte della richiesta di revisione dell'assegno di mantenimento dei figli (minorenni o maggiorenni e non autosufficienti economicamente), giustificata dall'insorgenza di maggiori oneri legati alla crescita di questi ultimi, il giudice di merito, che ritenga necessarie tali maggiori spese, non è tenuto, in via preliminare, ad accertare l'esistenza di sopravvenienze nel reddito del genitore obbligato, ma a verificare se tali maggiori spese comportino la necessità di rivedere l'assegno, ben potendo l'incremento di spesa determinare un maggiore contributo anche a condizioni economiche dei genitori immutate (o mutate senza alterare le proporzioni delle misure di ciascuno dei due), ovvero non incidere sulla misura del contributo di uno o di entrambi gli onerati, ove titolari di risorse non comprimibili ulteriormente”.
Corte di Cassazione, sez. I, ordinanza dell’11 gennaio 2022, n. 663
“In tema di mantenimento dei figli nati da genitori non coniugati, alla luce del disposto di cu all'art. 337 ter comma 4 c.c., anche un accordo negoziale intervenuto tra i genitori non coniugati e non conviventi, al fine di disciplinare le modalità di contribuzione degli stessi ai bisogni e necessità dei figli, è riconosciuto valido come espressione dell'autonomia privata e pienamente lecito nella materia, non essendovi necessità di un'omologazione o controllo giudiziale preventivo; tuttavia, avendo tale accordo ad oggetto l'adempimento di un obbligo "ex lege", l'autonomia contrattuale delle parti assolve allo scopo solo di regolare le concrete modalità di adempimento di una prestazione comunque dovuta ed incontra un limite, sotto il profilo della perdurante e definitiva vincolatività fra le parti del negozio concluso, nell'effettiva corrispondenza delle pattuizioni in esso contenute all'interesse morale e materiale della prole”.