L’articolo 265 del Codice Penale, rientra nel Libro II – Dei delitti in particolare, Titolo I – Dei delitti contro la personalità dello Stato, Capo I – Dei delitti contro la personalità internazionale dello Stato, rubricato come “Disfattismo politico”.
Il testo aggiornato dell’art. 265 c.p. dispone:
“Chiunque, in tempo di guerra, diffonde o comunica voci o notizie false, esagerate o tendenziose, che possano destare pubblico allarme o deprimere lo spirito pubblico o altrimenti menomare la resistenza della nazione di fronte al nemico, o svolge comunque un'attività tale da recare nocumento agli interessi nazionali, è punito con la reclusione non inferiore a cinque anni.
La pena è non inferiore a quindici anni:
1) se il fatto è commesso con propaganda o comunicazioni dirette a militari;
2) se il colpevole ha agito in seguito a intelligenze con lo straniero.
La pena è dell'ergastolo se il colpevole ha agito in seguito a intelligenze col nemico”.
Procedibilità: d'ufficio
Competenza: Corte d'Assise
Arresto: obbligatorio
Fermo: consentito
Custodia cautelare in carcere: consentito
Altre misure cautelari personali: consentito
Termine di prescrizione: 24 anni (1° e 2° comma); imprescrittibile (3° comma: v. art. 157, comma 8)
La ratio della disposizione intende richiamare e salvaguardare l’interesse nazionale alla coesione sociale e alla capacità di resistenza delle forze al fronte impiegate contro il nemico.
Il bene giuridico oggetto di tutela è la tranquillità della comunità impegnata in guerra al non divenire vulnerabile innanzi a “voci” e “dicerie” diffuse per sfiancare gli animi.
Tali notizie false e tendenziose sono idonee a gettare allarme sociale o deprimere gli animi.
Elemento soggettivo è il dolo generico, inteso come la consapevolezza e la volontà orientate a destare un pubblico allarme.
Vediamo gli orientamenti della giurisprudenza:
Corte di Cassazione, sentenza 11 luglio 1953
“Per "voce" deve intendersi una diceria incontrollabile, che corre nel pubblico sopra un determinato oggetto. La "notizia" consiste invece in un ragguaglio, in una informazione positiva su un determinato fatto, che sia fondata, o si pretenda fondata, su elementi oggettivi. Perché l'informazione su fatti futuri possa essere considerata come "notizia" ai fini dell'art. 265 è necessario che l'avvenimento futuro sia prospettato come la conseguenza di un fatto già accaduto, mentre l'avvenimento futuro costituisce più propriamente oggetto di una previsione, di un pronostico, e non già di una notizia. Il carattere di concretezza, cioè di appartenenza, o quanto meno di riferibilità al mondo esteriore, contraddistingue nettamente la notizia dell'apprezzamento che, anche se ispirato da malignità o da spirito denigratorio, non è punito dall'art. 265 c.p.”.
Corte di Cassazione, sentenza 12 febbraio 1952
“Non integrano il delitto le manifestazioni di idee e convincimenti ad un amico”.
Corte di Cassazione, sentenza 5 febbraio 1945
“Non integra il delitto lo sfogo verbale di un fanatico”.