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17 Settembre 2023
17:00

Art. 260 c.p.: Introduzione clandestina in luoghi militari e possesso ingiustificato di mezzi di spionaggio

L'art. 260 c.p., è rubricato "Introduzione clandestina in luoghi militari e possesso ingiustificato di mezzi di spionaggio" e rientra nel Libro II, Titolo I, Capo I del Codice. Vediamo il testo aggiornato della norma, la sua spiegazione e gli orientamenti rilevanti della giurisprudenza.

Art. 260 c.p.: Introduzione clandestina in luoghi militari e possesso ingiustificato di mezzi di spionaggio
Dottoressa in Giurisprudenza
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L’articolo 260 del Codice Penale, di cui al Libro II – Dei delitti in particolare, Titolo I – Dei delitti contro la personalità dello Stato, Capo I – Dei delitti contro la personalità internazionale dello Stato, è rubricato "Introduzione clandestina in luoghi militari e possesso ingiustificato di mezzi di spionaggio

Il testo aggiornato dell'art. 260 c.p. dispone:

È punito con la reclusione da uno a cinque anni chiunque:

1) si introduce clandestinamente o con inganno in luoghi o zone di terra, di acqua o di aria, in cui è vietato l'accesso nell'interesse militare dello Stato;

2) è colto, in tali luoghi o zone, o in loro prossimità, in possesso ingiustificato di mezzi idonei a commettere alcuno dei delitti preveduti dagli articoli 256, 257 e 258;

3) è colto in possesso ingiustificato di documenti o di qualsiasi altra cosa atta a fornire le notizie indicate nell'articolo 256.

Se alcuno dei fatti preveduti dai numeri precedenti è commesso in tempo di guerra, la pena è della reclusione da tre a dieci anni.

Le disposizioni del presente articolo si applicano, altresì, agli immobili adibiti a sedi di ufficio o di reparto o a deposito di materiali dell'Amministrazione della pubblica sicurezza, l'accesso ai quali sia vietato per ragioni di sicurezza pubblica”.

Si definisce clandestina, l’introduzione in un luogo che avviene evitando la presenza della sorveglianza o di personale preposto alla vigilanza; si ritiene invece con inganno nel caso di utilizzo di mezzi fraudolenti elusivi di controlli.

Corte di Cassazione, sezione 1, sentenza 2 marzo 2004, n, 9618
"Qualora, per ragioni essenzialmente di salvaguardia della pubblica incolumità, sia stato imposto il divieto di accesso ad un'area adiacente ad un poligono di tiro, in quanto possibile zona di ricaduta di ordigni inesplosi, l'inosservanza di detto divieto, non essendo questo finalizzato alla tutela di un "interesse militare dello Stato" e non avendo, inoltre, ad oggetto, un vero e proprio "luogo militare", quale definito (con validità da ritenersi estesa anche alla legge penale comune) dall'art. 230 cod. pen. mil. pace, non può costituire condotta idonea a rendere configurabile il reato di cui all'art. 682 cod. pen.".

Corte di Cassazione, sezione 1, sentenza 29 gennaio 2002, n. 3348
"Ai fini della configurabilità dei reati di procacciamento di notizia concernenti la sicurezza dello Stato, rivelazione di segreti di Stato e rivelazione di notizie di cui sia stata vietata la divulgazione (artt. 256, 260 e 261 cod. pen.), è legittimo il provvedimento impositivo del segreto o recante il divieto di divulgazione che sia stato adottato da autorità delegata dal Presidente del Consiglio dei ministri, atteso che, ai sensi del secondo comma dell'art. 1 legge 24 ottobre 1977, n. 801 è consentito a quest'ultimo – ferma restando la sua funzione di alta direzione e coordinamento e la relativa responsabilità politica – non esercitare personalmente le attività inerenti al segreto di Stato, conferendone la delega ad altri organismi amministrativi specificatamente individuati".

Corte di Cassazione, sezione 1, sentenza 30 aprile 1988, n. 5262
"Il reato di possesso ingiustificato di mezzi di spionaggio in luoghi militari o in loro prossimità, di cui all'art. 260, primo comma, n. 2, c.p. consiste nella volontà cosciente di detenere i suddetti mezzi per servirsene per un uso non consentito dalla legge e presupposto di tale reato è proprio la mancanza o la insufficienza della prova che il soggetto abbia agito a scopo di spionaggio perchè, altrimenti, sussisterebbe il tentativo del delitto di spionaggio. Infatti, la disposizione di cui all'art. 260, primo comma, n. 2 c.p. mira a reprimere alcuni contegni sospetti che si presentano oggettivamente idonei all'acquisizione di notizie segrete o riservate, di cui sia vietata la divulgazione, e punisce la oggettività di tale situazione di fatto per la pericolosità in essa insita, nonostante non risulti dimostrato che l'agente abbia inteso procurarsi notizie segrete o riservate".

Corte di Cassazione, sezione 1, sentenza 14 luglio 1966, n. 188
"A tutela dell'interesse militare e, perciò stesso, dell'interesse della sicurezza dello stato, il codice penale vigente, innovando a quello del 1889, prevede un gruppo di Disposizioni che puniscono come delitti fatti che siano compiuti a fine di spionaggio militare (art 257 e 258) o la rivelazione di notizie segrete o riservate (art 261 e 262). Quando, invece, i fatti, di per se idonei allo spionaggio, non risultano univocamente diretti ad esso, potendo essere determinati da altri motivi (curiosità ecc.), cosi che non sarebbero punibili come tentativo di alcuno dei delitti preveduti negli artt 256-258, il codice penale prevede all'art 260 una particolare disposizione diretta a reprimerli autonomamente come indizi di un possibile scopo spionistico. Ai fini di stabilire se, nel caso concreto sottoposto al suo esame, ricorrano gli estremi del reato di ‘spionaggio indiziario',il giudice di merito deve accertare nei suoi precisi termini il fatto addebitato all'imputato, per individuare se esso pur non essendo univocamente diretto allo spionaggio ne possa tuttavia costituire un indizio".

Corte di Cassazione, sezione 1, sentenza 14 aprile 1966, n. 1821
"L'art 260 n 2 cod pen intende reprimere in modo autonomo fatti nei quali si ravvisano indizi di una possibile attivita spionistica,che di per se non possono integrare gli estremi di un tentativo di spionaggio , giacche i mezzi possono servire anche per finalita diverse dallo spionaggio;cioe per diletto turistico,per ragioni di studio, di collezione. In questi casi, poiche l'uso di mezzi al fine di ritrarre fotografie nella zona militare pone pur sempre l'agente nella possibilita di conoscere, sia pure per ragioni diverse dallo spionaggio, il segreto militare (che la norma vuole sia tutelato nell'interesse dello stato), il loro possesso deve ritenersi non giustificato, costituendo esso un pericolo, a meno che l'agente non dia la prova di essere stato autorizzato dalle autorita competenti a ritrarre fotografie o cineprese della zona stessa, ovvero la prova positiva dell'uso legittimo, che di tali mezzi si vuole fare o immediatamente prima si sia fatto, non risulti aliunde dagli Atti processuali".

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Virginia Sacco
Dottoressa in Giurisprudenza
Dopo la laurea presso l'Università degli Studi di Napoli - Federico II, ho seguito le mie passioni specializzandomi prima in Sicurezza economica, Geopolitica e Intelligence presso SIOI - UN ITALY e, successivamente, in Diritto dell'Unione Europea presso il mio ateneo di origine. Ho concluso la pratica forese in ambito penale, occupandomi di reati finanziari e doganali. Nel corso degli anni ho preso parte attivamente a eventi, attività e progetti a livello europeo e internazionale, approfondendo i temi della cooperazione giudiziaria e del diritto penale internazionale. Ho scritto di cybersicurezza, minacce informatiche e sicurezza internazionale per "Agenda Digitale" e "Cyber Security 360". Su Lexplain scrivo di diritto con parole semplici e accessibili.
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