L’articolo 241 del Codice Penale, di cui al Libro II – Dei delitti in particolare, Titolo I – Dei delitti contro la personalità dello Stato, Capo I – Dei delitti contro la personalità internazionale dello Stato, è rubricato “Attentati contro l’integrità, l'indipendenza e l'unità dello Stato”.
Il testo aggiornato dell'art. 241 c.p. dispone:
“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque compie atti violenti diretti e idonei a sottoporre il territorio dello Stato o una parte di esso alla sovranità di uno Stato straniero, ovvero a menomare l'indipendenza o l'unità dello Stato, è punito con la reclusione non inferiore a dodici anni.
La pena è aggravata se il fatto è commesso con violazione dei doveri inerenti l'esercizio di funzioni pubbliche”.
Procedibilità: d'ufficio
Competenza: Corte d’Assise
Arresto: obbligatorio
Fermo: consentito
Custodia cautelare in carcere: consentita
Altre misure cautelari personali: consentite
Termine di prescrizione: 24 anni
La norma inaugura la trattazione dei delitti oggettivamente politici, intesi in quanto tali alla stregua dell’articolo 8 del presente Codice, dal momento che “è delitto politico ogni delitto, che offende un interesse politico dello Stato, ovvero un diritto politico del cittadino”.
La ratio legis è di tutelare l’integrità dello Stato nella sua unitarietà e indipendenza.
Per la quasi totalità dei reati contemplati nel Capo I del presente Titolo non è configurabile il tentativo, poiché le condotte assumono rilievo sin dalle attività meramente preparatorie e comprovate da peculiari atteggiamenti.
E’ un reato di pericolo perché vengono sanzionati tutti gli atti violenti e idonei a mettere a repentaglio l’integrità, l’unità e l’indipendenza dello Stato.
La violenza è l’elemento costitutivo del reato che può essere suddivisa in violenza propria, quando l’impiego dell’energia fisica viene esercitata direttamente o a mezzo di uno strumento; violenza impropria, allorquando l’impiego di forze ed energie è tale da neutralizzare la volontà del soggetto passivo, coartando la sua capacità di azione e determinazione. Nel caso della personalità dello Stato, si fa riferimento esclusivamente alla violenza propria come mera condotta.
Non è configurabile il tentativo.
Il reato si ritiene consumato nel momento in cui il soggetto agente abbia posto in essere qualsiasi tipo di condotta idonea a realizzare l’evento tendenzialmente perseguito.
Infine, la norma prevede una clausola di sussidiarietà che esclude l’applicazione del presente articolo allorquando la condotta si configuri come reato più grave e che arrechi offesa anche altri beni giuridici o che presenti un maggiore grado di lesività).
Tra gli orientamenti rilevanti della giurisprudenza si annoverano:
Corte di Cassazione, sezione 1, sentenza 21 ottobre 1981, n. 9357
"Se è vero che lo Stato è il soggetto passivo generale di tutti i reati, esso, nei delitti preveduti dal capo secondo del Titolo I del Libro II del Codice, ne è il soggetto passivo particolare, essendo il titolare dei beni giuridici specifici direttamente protetti dalle relative norme e che sono costituiti dagli interessi fondamentali della personalità dello Stato, attinendo essi alla inviolabilità del presente ordinamento politico, alla esistenza, alla incolumità ed al decoro dei supremi organi dello stato e al decoro della nazione italiana".
Corte di Cassazione, sezione U, sentenza 30 novembre 1970, n. 1
"Il delitto di attentato contro l'integrità dello Stato, enunciato dalla legge nella ipotesi astratta di "un fatto diretto a sottoporre il territorio dello stato o una parte di esso alla sovranità di uno Stato straniero" (art 241 cod pen), si concreta, nelle sue condizioni necessarie e sufficienti, quando il fatto commesso dall'agente, per la sua natura, le sue caratteristiche, la sua sintomaticità, sia espressione di un tale agire (non inidoneo) da potersi considerare, alla stregua dei canoni della logica valutativa delle azioni umane, come inizio di opera ideata, messa in esecuzione di concepito progetto, passaggio dalla fase preparatoria alla fase esecutiva di efficiente programma avente per obiettivo ultimo il risultato della sottoposizione del territorio dello Stato o di una parte di esso alla sovranità di uno Stato straniero".
Corte di Cassazione, sezione 1, sentenza 27 maggio 1969, n. 1569
"Se pure si volesse ritenere che le leggi statuali o interstatuali riconoscono e sanciscono il diritto di autodecisione dei popoli, deve escludersi che una qualunque norma particolare che si assuma contenerlo ne preveda e permetta l'Esercizio attraverso una condotta che la legge penale (artt. 241 e 283 cod.pen.) esplicitamente incrimina ne sussiste alcuna norma piuùparticolare che integri la norma generica di posizione di tale diritto".