L’art. 24 della Costituzione così dispone:
“Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi.
La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento.
Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione.
La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari”.
Spiegazione dell’art. 24 della Costituzione
La norma di cui all’art. 24 codifica il diritto di difesa in ogni stato e grado del procedimento.
Viene stabilito, cioè, che deve essere assicurata anche ai non abbienti la possibilità di difendersi in ogni stato e grado del giudizio.
Al primo comma è espressamente sancito che tutti, allo stesso modo, possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi.
Entrambe le posizioni giuridiche soggettive, dunque, devono essere ugualmente tutelate.
Va ricordato che la tutela dell’interesse legittimo, attualmente, è garantita da una serie di norme, come quelle contenute nel Codice del processo amministrativo, che garantiscono al privato il pieno soddisfacimento della pretesa azionata.
Non sempre è stato così, in quanto in passato si riteneva che la posizione di interesse legittimo costituisse “un minus” rispetto alla posizione di diritto soggettivo. A seguito dell’evoluzione normativa e giurisprudenziale degli ultimi anni, la situazione è notevolmente mutata e attualmente la previsione costituzionale contenuta nell’art. 24 ha ottenuto piena attuazione.
Il privato che agisce in giudizio per ottenere la tutela di un interesse legittimo può vedere soddisfatta la propria posizione, in quanto il giudice amministrativo ha la possibilità di pronunciare sentenze dichiarative, costitutive e di condanna.
E’ stata dunque definitivamente scardinata l’antica concezione fondata sulla possibilità di accordare al privato esclusivamente una tutela di annullamento in ipotesi di lesione dell’interesse legittimo.
Casistica giurisprudenziale
Di seguito una serie di interessanti sentenze sul tema.
Corte Costituzionale, sentenza dell’11 aprile 2023, n. 67
"Il principio secondo cui la legge assicura la ragionevole durata del processo va contemperato con il complesso delle altre garanzie costituzionali, sicché il suo sacrificio non è sindacabile ove sia frutto di scelte non prive di valida ratio giustificativa. A tale principio arrecano, pertanto, un vulnus solamente norme procedurali che comportino una dilatazione dei tempi del processo non sorretta da alcuna logica esigenza. (Precedenti: S. 260/2020 – mass. 43108; S. 124/2019 – mass. 42637; S. 12/2016 – mass. 38706; S. 23/2015 – mass. 38250; S. 159/2014 – mass. 37990; S. 63/2009; S. 56/2009 – mass. 33203; O. 332/2008; O. 318/2008; S. 26/2007; S. 148/2005 – mass. 29325).
Il diritto di difesa e il principio di ragionevole durata del giudizio possono entrare in bilanciamento nei limiti in cui sia comunque assicurato un processo «giusto», come richiede l'art. 111, primo comma, Cost. (Precedenti: S. 111/2022 – mass. 44767; S. 317/2009 – mass. 34149)".
Corte Costituzionale, sentenza del 5 giugno 2023, n. 111
"È dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 24 Cost., l'art. 495, primo comma, cod. pen., nella parte in cui non esclude la punibilità della persona sottoposta alle indagini o dell'imputato che, richiesti di fornire le informazioni indicate nell'art. 21 norme att. cod. proc. pen. senza che siano stati loro previamente formulati gli avvertimenti di cui all'art. 64, comma 3, cod. proc. pen., abbiano reso false dichiarazioni. La punibilità delle false dichiarazioni relative alle qualità della propria o dell'altrui persona ai sensi dell'art. 495 cod. pen. deve ritenersi non in contrasto con il parametro evocato dal Tribunale di Firenze soltanto ove la persona indagata o imputata abbia previamente ricevuto l'avvertimento circa il suo diritto a non rispondere; restando poi libero il legislatore di valutare se estendere la non punibilità anche all'ipotesi in cui l'interessato, avendo ricevuto l'avvertimento, renda comunque dichiarazioni false allo scopo di evitare conseguenze a sé pregiudizievoli nell'ambito del procedimento e poi del processo penale. (Precedente: S. 84/2021 – mass. 43815)".
Corte di Cassazione, Sezione TRI, sentenza del 15 dicembre 2022, n. 36852
"In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, il diritto di accesso alle informazioni sottostanti l'emissione dell'atto impugnato può essere esercitato solo se, e nella misura in cui, sia strumentale all'esercizio del diritto di difesa, che può dirsi violato ove il contribuente illustri come ed in che termini la tempestiva ostensione degli elementi di fatto a lui favorevoli, e non contenuti negli atti impositivi impugnati, avrebbe potuto influenzare l'esito dell'accertamento nei propri confronti".