L’art. 19 della Costituzione italiana così dispone:
“Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume”.
Spiegazione dell’art. 19 della Costituzione
Ai sensi dell’art. 19 della Costituzione è stabilito il principio in base al quale ciascuno è libero di manifestare la propria fede religiosa e può farne propaganda o esercitarne il culto anche in forma pubblica a meno che non si tratti di riti contrari al buon costume.
L’articolo 19 della Costituzione sancisce, dunque, il principio di laicità dello Stato, e si collega con le norme di cui all’art. 7 e 8 della Costituzione che allo stesso modo sanciscono la libertà di religione.
La sentenza della Corte di cassazione, sez. U. del 9 settembre 2021, n. 24414 sul crocifisso nelle aule scolastiche
La Corte di cassazione, con la sentenza a Sezioni Unite del 9 settembre 2021, n. 24414, ha affrontato la questione spinosa della compatibilità tra l'ordine di esposizione del crocifisso, impartito dal dirigente scolastico di un istituto statale sulla base di una delibera assunta dall'assemblea di classe degli studenti, e la libertà di insegnamento e di coscienza in materia religiosa, “intesa quest'ultima anche come libertà negativa, da assicurare ad ogni docente”.
Si trattava in sostanza di stabilire se il principio di libertà religiosa potesse contrastare o meno con il principio della libertà di insegnamento del docente dissenziente “che desideri fare lezione senza essere costretto nella matrice religiosa impressa dal simbolo affisso alla parete, e collida con il divieto di discriminazione su base religiosa”.
Il caso riguardava un docente che durante le sue lezioni aveva rimosso sistematicamente il crocifisso per poi ricollocarlo al suo posto al termine delle stesse, e che per questa condotta era stato destinatario di una sanzione disciplinare.
La Cassazione ha sottolineato come la vicenda fosse da considerare nuova, almeno in parte, poiché fondata su una delibera di assemblea studentesca, non su di una disciplina specifica.
Ci sono, in particolare, due posizioni in conflitto, con riguardo al caso in esame: “il diritto degli studenti, i quali si riconoscono nel simbolo del crocifisso che hanno deliberato di vedere affisso sulla parete della loro aula, e la libertà del docente, che si esprime attraverso una resistenza alla affissione”.
La Cassazione ha ricordato che l'esposizione del crocifisso è prevista da regolamenti che includono lo stesso tra gli arredi scolastici: si tratta, di regolamenti antichi, anteriori alla Costituzione.
Si tratta, in particolare, del Regio Decreto 30 aprile 1924, n. 965, articolo 118, e del Regio Decreto 26 aprile 1928, n. 1297, articolo 119, per le scuole medie ed elementari.
Come ha ricordato la Cassazione, “Il citato Regio Decreto n. 965 del 1924, articolo 118 – inserito nel capo XII relativo ai locali e all'arredamento scolastico – dispone che ogni istituto di istruzione media "ha la bandiera nazionale; ogni aula, l'immagine del Crocifisso e il ritratto del Re"; il Regio Decreto n. 1297 del 1928, articolo 119, a sua volta, stabilisce che gli arredi delle varie classi scolastiche sono elencati nella tabella C, allegata allo stesso regolamento, e tale elencazione include il crocifisso per ciascuna classe elementare”.
L'esposizione del crocifisso non è invece prevista dalla legge.
E tuttavia, come ha ricordato la Cassazione “le Sezioni Unite non sono sole nell'esame della questione di massima”.
Questo poiché “Per un verso, sono guidate dalla forza peculiare dei principi fondamentali che entrano in gioco, dalla libertà religiosa al principio di laicità nelle sue diverse declinazioni, al pluralismo, al divieto di discriminazioni, alla libertà di insegnamento nella scuola pubblica aperta a tutti. Tali principi, definiti dalla Costituzione italiana, dalle Carte dei diritti e dalle Corti che ne sono gli interpreti, costituiscono la bussola per rinvenire nell'ordinamento la regola per la soluzione del caso”.
Inoltre, “sono supportate da una fitta rete di precedenti giudiziali e di contributi della dottrina: gli uni rappresentano i sentieri già percorsi dall'esperienza giurisprudenziale per risolvere controversie che presentano elementi di somiglianza, e sono tanto più rilevanti in mancanza di una legge del Parlamento; gli altri offrono la ricostruzione del quadro di sistema e l'elaborazione di linee di prospettiva coerenti con le attese della comunità interpretante”.
Ha sottolineato la Cassazione che il Consiglio di Stato (Sez. VI, 13 febbraio 2006, n. 556) “ha escluso che l'esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche, disposta dalle autorità competenti in esecuzione delle norme regolamentari degli anni venti del secolo scorso, sia lesiva dei contenuti delle norme fondamentali del nostro ordinamento costituzionale che danno forma e sostanza al principio di laicità che connota oggi lo Stato italiano”. Questo poiché "il crocifisso è atto ad esprimere,… in chiave simbolica ma in modo adeguato, l'origine religiosa dei valori di tolleranza, di rispetto reciproco, di valorizzazione della persona, di affermazione dei suoi diritti, di riguardo alla sua libertà, di autonomia della coscienza morale nei confronti dell'autorità, di solidarietà umana, di rifiuto di ogni discriminazione, che connotano la civiltà italiana": "(n)on si puo' pensare al crocifisso esposto nelle aule scolastiche come ad una suppellettile, oggetto di arredo, e neppure come ad un atto di culto; si deve pensare piuttosto come ad un simbolo idoneo ad esprimere l'elevato fondamento dei valori civili sopra richiamati, che sono poi i valori che delineano la laicita' nell'attuale ordinamento dello Stato".
Le Sezioni Unite hanno ritenuto che il Regio Decreto n. 965 del 1924, articolo 118 sia suscettibile di essere interpretato in senso conforme alla Costituzione.
Questo poiché, “Nel contesto ordinamentale nel quale la disposizione regolamentare fu emanata, con la religione cattolica come sola religione dello Stato ed elemento costitutivo della compagine statale e con il riconoscimento alla Chiesa e alla religione cattolica di un preciso valore politico, come fattore di unità della nazione, l'esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche aveva un carattere obbligatorio ed esclusivo ed era espressione di quel regime confessionale”.
Questo tipo di concezione mutò definitivamente con l'avvento della Costituzione repubblicana. Ha quindi affermato la Corte che: “L'esposizione autoritativa del crocifisso nelle aule scolastiche non è compatibile con il principio supremo di laicità dello Stato. L'obbligo di esporre il crocifisso è espressione di una scelta confessionale. La religione cattolica costituiva un fattore di unità della nazione per il fascismo; ma nella democrazia costituzionale l'identificazione dello Stato con una religione non è più consentita”.
Inoltre, secondo la Corte, “Il crocifisso di Stato nelle scuole pubbliche entra in conflitto anche con un altro corollario della laicità: l'imparzialità e l'equidistanza che devono essere mantenute dalle pubbliche istituzioni nei confronti di tutte le religioni, indipendentemente da valutazioni di carattere numerico, non essendo più consentita una discriminazione basata sul maggiore o minore numero degli appartenenti all'una o all'altra di esse. Ed entra in conflitto con il pluralismo religioso come aspetto di un più ampio pluralismo dei valori: lo spazio pubblico non può essere occupato da una sola fede religiosa, ancorché maggioritaria”.
In definitiva, per la Corte di cassazione “La libertà religiosa negativa merita la stessa tutela e la stessa protezione della libertà religiosa positiva”.
In applicazione dei principi esposti al caso concreto, per la Corte “è evidente che la circolare adottata dal dirigente scolastico il 21 ottobre 2008 non è conforme al modello e al metodo di una comunità dialogante che ricerca insieme la composizione di diritti uguali e contrari, e non esprime una soluzione di mediazione o di compromesso”.
Il docente, ha sottolineato la Corte, “è rimasto in effetti estraneo al processo deliberativo: hanno votato gli studenti nella loro assemblea adottando una deliberazione a maggioranza, ma non c'e' stata una conforme e successiva deliberazione del consiglio di classe, che si e' limitato ad una presa d'atto. Soprattutto, il dirigente scolastico non ha tenuto conto della voce del docente dissenziente, venendo meno al compito di aiutare gli studenti e il docente a trovare una soluzione di compromesso da tutti sostenibile e rispettosa delle diverse sensibilità”.
Ciononostante, “L'affissione del crocifisso può risultare "sgradita" al ricorrente, ma da sola non è in grado né di intaccare la sfera delle sue convinzioni personali e delle sue opzioni in materia religiosa, nè di pregiudicare la possibilità di esprimerle e di manifestarle, come cittadino e come docente, nell'ambiente scolastico. Le convinzioni personali dell'insegnante, orientate alla negazione di qualsiasi realtà della dimensione divina, come pure la libertà di manifestazione delle stesse, restano tali e non sono minacciate in ragione della presenza di quelle altrui, anche opposte e confliggenti, e delle rappresentazioni simboliche che di esse facciano gli studenti. Il principio di intangibilità del foro interno della persona e il diritto di professare liberamente la propria non-credenza non appare violato per il solo fatto di convivere – in quel peculiare ambiente lavorativo che e' la scuola – con segni, rappresentazioni o manifestazioni di un pensiero diverso, non imposto dall'autorita' ma richiesto dai fruitori del servizio scolastico: di cio' si permea, d'altra parte, una societa' democratica e libera nelle manifestazioni di pensiero”.
In definitiva: “Lo spirito di tolleranza e il rispetto della coscienza morale degli alunni, cui il docente è tenuto a conformare il suo comportamento, valgono proprio a fronte di opinioni o convinzioni da lui non condivise”.
La Corte di cassazione a Sezioni Unite ha dunque enunciato i seguenti principi di diritto:
“– In base alla Costituzione repubblicana, ispirata al principio di laicità dello Stato e alla salvaguardia della libertà religiosa positiva e negativa, non è consentita, nelle aule delle scuole pubbliche, l'affissione obbligatoria, per determinazione dei pubblici poteri, del simbolo religioso del crocifisso.
– Il Regio Decreto n. 965 del 1924, articolo 118, che comprende il crocifisso tra gli arredi scolastici, deve essere interpretato in conformità alla Costituzione e alla legislazione che dei principi costituzionali costituisce svolgimento e attuazione, nel senso che la comunità scolastica può decidere di esporre il crocifisso in aula con valutazione che sia frutto del rispetto delle convinzioni di tutti i componenti della medesima comunità, ricercando un "ragionevole accomodamento" tra eventuali posizioni difformi.
– E' illegittima la circolare del dirigente scolastico che, nel richiamare tutti i docenti della classe al dovere di rispettare e tutelare la volontà degli studenti, espressa a maggioranza in una assemblea, di vedere esposto il crocifisso nella loro aula, non ricerchi un ragionevole accomodamento con la posizione manifestata dal docente dissenziente.
– L'illegittimità della circolare determina l'invalidità della sanzione disciplinare inflitta al docente dissenziente per avere egli, contravvenendo all'ordine di servizio contenuto nella circolare, rimosso il crocifisso dalla parete dell'aula all'inizio delle sue lezioni, per poi ricollocarlo al suo posto alla fine delle medesime.
– Tale circolare, peraltro, non integra una forma di discriminazione a causa della religione nei confronti del docente, e non determina pertanto le conseguenze di natura risarcitoria previste dalla legislazione antidiscriminatoria, perchè, recependo la volontà degli studenti in ordine alla presenza del crocifisso, il dirigente scolastico non ha connotato in senso religioso l'esercizio della funzione pubblica di insegnamento, né ha condizionato la libertà di espressione culturale del docente dissenziente”.