La norma di cui all’art. 13 della Costituzione così dispone:
“La libertà personale è inviolabile.
Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge.
In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l’autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all’autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto.
È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà.
La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva”.
Spiegazione dell’art. 13 della Costituzione
La norma di cui all’art. 13 della Costituzione tutela la libertà personale che viene riconosciuta come diritto inviolabile della persona.
Forme restrittive della libertà personale come la detenzione, l’ispezione o la perquisizione non sono dunque ammesse, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei casi e modi stabiliti dalla legge.
Il giudice, dunque, è l’unico a poter sancire una limitazione della libertà personale di un soggetto.
L’autorità di pubblica sicurezza, tuttavia, nei soli casi eccezionali connotati da necessità e urgenza, può adottare provvedimenti provvisori.
Questi provvedimenti vanno comunicati entro 48 ore all’autorità giudiziaria.
Se, entro le successive 48 ore, l’autorità giudiziaria non li convalida, i provvedimenti menzionati perdono efficacia.
Viene inoltre stabilito che ogni violenza fisica e morale perpetrata a danno delle persone sottoposte a restrizione della libertà deve essere punita.
La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva.
Questo perché nessun soggetto può essere privato della libertà personale se non a seguito di una sentenza emessa da un giudice.
La carcerazione preventiva, dunque, costituisce un’ipotesi eccezionale e può verificarsi in una serie di casi determinati dalla legge.
Le esigenze cautelari che possono giustificare la carcerazione preventiva sono individuate, infatti, all’art. 274 c.p.p. e riguardano il pericolo di inquinamento delle prove, il pericolo di reiterazione del reato e il pericolo di fuga.
Casistica giurisprudenziale
Di seguito, una serie di sentenze interessanti in tema di custodia cautelare:
- Corte di Cassazione, sezione III, sentenza dell’8 febbraio 2023, n. 5460: “Ai fini della verifica del rispetto del limite massimo di durata della custodia cautelare in caso di retrodatazione ex art. 297, comma 3, cod. proc. pen., non assume rilevanza l'eventuale periodo intermedio di non detenzione dell'indagato, dovuto alla sua rimessione in libertà con riferimento alla prima ordinanza coercitiva, posto che l'interruzione della custodia determina il venir meno della finalità, sottesa all'istituto, di "riallineare" le vicende cautelari che avrebbero dovuto avere un avvio contestuale”.
- Corte di Cassazione, Sezione II, sentenza del 31 marzo 2023, n. 13735: "E' illegittima l'ordinanza del tribunale del riesame che, in accoglimento dell'appello cautelare del pubblico ministero, ripristina la misura della custodia cautelare in carcere senza fissare udienza e instaurare il contraddittorio, in presenza di una situazione obiettivamente diversa da quella, precedentemente esaminata, relativa alla praticabilità del braccialetto elettronico. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato l'ordinanza del tribunale del riesame di aggravamento della misura degli arresti domiciliari, emessa, "inaudita altera parte", a seguito della segnalazione della polizia giudiziaria relativa a problemi tecnici che rendevano impraticabile l'installazione del braccialetto elettronico, valutando, quindi, cause diverse da quella, già esaminata, relativa alla mera indisponibilità del congegno)".
- Corte di Cassazione, Sezione I, sentenza del 10 gennaio 2023, n. 453: “La sentenza di annullamento con rinvio in ordine alla sussistenza o meno di una circostanza aggravante non è idonea a modificare l'addebito cautelare, sicché non rileva ai fini della determinazione del termine massimo di custodia cautelare. (Fattispecie relativa ad annullamento con rinvio della sentenza di appello limitatamente all'aggravante di cui all'art. 416-bis, comma sesto, cod. pen.)”.