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6 Novembre 2024
15:00

Art. 1021 c.c, Uso

L'art. 1021 c.c., rubricato "Uso", rientra nel Libro III, Titolo V, Capo II del Codice Civile. Vediamo la norma, la sua spiegazione e gli orientamenti della giurisprudenza.

Art. 1021 c.c, Uso
Dottoressa in Giurisprudenza
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L'articolo 1021 del Codice Civile, di cui al Libro III – Della proprietà, Titolo V – Dell'usufrutto, dell'uso e dell'abitazione, Capo II – Dell'uso e dell'abitazione, è rubricato "Uso".

Il testo aggiornato dell'art. 1021 cc dispone:

“Chi ha il diritto d’uso di una cosa, può servirsi di essa e, se fruttifera, può raccogliere i frutti per quanto occorre ai bisogni suoi e della sua famiglia. 

I bisogni si devono valutare secondo la condizione sociale del titolare del diritto.”

Nell’uso viene a crearsi l’unione di due accezioni particolari tipiche dell’usufrutto: da un lato il diritto di godimento del bene di altri e dall’altro il diritto di raccoglierne i frutti, nei limiti del fabbisogno dell’usuario e della famiglia.

I bisogni dell’usuario e della famiglia a cui rinvia la norma occorrerà valutarli in virtù della condizione economica degli stessi pochi e, va da sé, ciascuno ha esigenze differenti.

La “famiglia” inoltre comprende figli, anche quelli adottivi, affiliati e riconosciuti, oltre che quanti vivono con il titolare del diritto allo scopo di prestare servizi al titolare o alla sua famiglia.

Grazie all’uso viene a determinarsi la commistione tra un diritto di godimento del bene altrui e la modica perceptio, ovvero il diritto di raccogliere i frutti.

Significa che questi da un lato possano essere destinati al consumo materiale e diretto – ad esclusione di quelli che vengono chiamati frutti civili e definiti, dall’articolo 820 del Codice Civile, “quelli che si ritraggono dalla cosa come corrispettivo del godimento che altri ne abbia” – e nei limiti del godimento di colui che usa e della sua famiglia.

L’ordinamento definisce frutti civili, cioè quelli in denaro, e quelli non strettamente necessari al soddisfacimento dei bisogni della famiglia dell’usuario e dell’usuario stesso

Per approfondire il diritto d'uso, ovvero uno dei diritti reali disciplinati dal nostro ordinamento e che consentono di godere della cosa nella sua interezza, cioè anche dei frutti da questa generata, si consiglia la lettura dell'approfondimento.

Vediamo le sentenze e gli orientamenti della giurisprudenza:

Corte di Cassazione, sezione 2, sentenza 10 marzo 2023, n. 7128
"Il diritto reale di abitazione, riservato al coniuge superstite dall'art. 540, comma 2, c.c., ha ad oggetto la sola "casa adibita a residenza familiare", e cioè l'immobile in cui i coniugi abitavano insieme stabilmente prima della morte del "de cuius", quale luogo principale di esercizio della vita matrimoniale; ne consegue che tale diritto non può comprendere due (o più) residenze alternative, ovvero due (o più) immobili di cui i coniugi avessero la disponibilità e che usassero in via temporanea, postulando la nozione di casa adibita a residenza familiare comunque l'individuazione di un solo alloggio costituente, se non l'unico, quanto meno il prevalente centro di aggregazione degli affetti, degli interessi e delle consuetudini della famiglia".

Corte di Cassazione, sezione 2, ordinanza 21 giugno 2022, n. 19940
"Il divieto di cessione del diritto reale di uso su una porzione di cortile condominiale attribuito ad uno dei condomini non comporta che non sia configurabile in favore del successore a titolo particolare nella proprietà individuale dell'unità immobiliare, al cui servizio essa è destinata, anche in difetto di espressa menzione dei diritto d'uso nel contratto di alienazione, l'accessione del possesso agli effetti dell'art. 1146, comma 2, c.c. (nella specie, allo scopo di suffragare una maturata usucapione), occorrendo ai fini del cumulo dei distinti possessi del successore e del suo autore unicamente la prova di un ‘titolo' astrattamente idoneo, ancorché invalido, a giustificare la "traditio" del medesimo oggetto del possesso".

Corte di Cassazione, sezione 2, ordinanza 18 gennaio 2022, n. 1445
"Il vincolo di destinazione impresso dall'art. 41-sexies della l. n. 1150 del 1942 (come introdotto dall'art. 18 della l. n. 765 del 1967) agli spazi destinati a parcheggio consiste in una limitazione legale della proprietà, opponibile, con l'assolutezza dei diritti reali, nei confronti dei terzi che ne contestino l'esistenza ed efficacia; ne consegue che gli acquirenti delle unità immobiliari dall'originario costruttore-venditore il quale, eludendo siffatto vincolo, abbia riservato a sé la proprietà di detti spazi, per poi venderli a soggetti terzi, possono agire per il riconoscimento del loro diritto reale d'uso direttamente (e soltanto) nei confronti di questi ultimi, senza che occorra la presenza in tale giudizio del costruttore-venditore, il cui diritto personale a conseguire dagli attori l'integrazione del prezzo di acquisto, in conseguenza del riconoscimento del diritto d'uso sui detti spazi vincolati, deriva dai singoli contratti di acquisto, le cui clausole difformi sono sostituite di diritto dalla norma imperativa".

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Virginia Sacco
Dottoressa in Giurisprudenza
Dopo la laurea presso l'Università degli Studi di Napoli - Federico II, ho seguito le mie passioni specializzandomi prima in Sicurezza economica, Geopolitica e Intelligence presso SIOI - UN ITALY e, successivamente, in Diritto dell'Unione Europea presso il mio ateneo di origine. Ho concluso la pratica forese in ambito penale, occupandomi di reati finanziari e doganali. Nel corso degli anni ho preso parte attivamente a eventi, attività e progetti a livello europeo e internazionale, approfondendo i temi della cooperazione giudiziaria e del diritto penale internazionale. Ho scritto di cybersicurezza, minacce informatiche e sicurezza internazionale per "Agenda Digitale" e "Cyber Security 360". Su Lexplain scrivo di diritto con parole semplici e accessibili.
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