La norma di cui all’art. 23 della legge n. 241/90 prevede una serie di ipotesi in cui si applica il diritto di accesso.
La norma così dispone:
“Il diritto di accesso di cui all'articolo 22 si esercita nei confronti delle pubbliche amministrazioni, delle aziende autonome e speciali, degli enti pubblici e dei gestori di pubblici servizi. Il diritto di accesso nei confronti delle Autorità di garanzia e di vigilanza si esercita nell'ambito dei rispettivi ordinamenti, secondo quanto previsto dall'articolo 24”.
Spiegazione dell’art. 23 della legge n. 241/90
Ai sensi dell’art. 23 della legge n. 241/90 vengono individuate una serie di ipotesi in cui si applicano le norme in tema di diritto di accesso.
Per un’analisi completa del diritto di accesso si rinvia al seguente articolo:https://www.lexplain.it/definizioni-e-principi-in-materia-di-accesso-art-22-legge-241-90/
Per conoscere le modalità di esercizio del diritto di accesso si rinvia al seguente articolo: https://www.lexplain.it/modalita-di-esercizio-del-diritto-di-accesso-e-ricorsi-art-25-legge-241-90/
La norma di cui all’art. 23 delinea ipotesi specifiche in cui si applica il diritto di accesso:
- nei confronti delle pubbliche amministrazioni;
- nei confronti delle aziende autonome e speciali;
- nei confronti degli enti pubblici;
- nei confronti dei gestori di pubblici servizi;
- nei confronti delle Autorità di garanzia e di vigilanza nell’ambito dei rispettivi ordinamenti.
La casistica giurisprudenziale in tema di applicazione del diritto di accesso
Con una recente e interessante sentenza, la n. 860 del 25 gennaio 2023, il Consiglio di Stato ha stabilito che è possibile esercitare il diritto di accesso civico nei confronti di una compagnia aerea, in quanto società a controllo pubblico.
Essa, infatti, è soggetti agli obblighi di trasparenza previsti dal D.Lgs. n. 33/2013, e in particolare agli artt. 16, 17 e 19 concernenti il proprio personale.
Quanto all’esercizio del diritto di accesso di cui all’art. 22 della legge n. 241/90, il Consiglio di Stato ha stabilito che ciò che rileva è l’espletamento di un’attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dal diritto dell’Unione Europea.
Questo genere di attività si rinviene nell’erogazione del servizio di trasporto aereo reso dalla compagnia.
Sul punto il Consiglio di Stato ha ricordato che con le pronunce nn. 4 e 5 del 1999, l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato “ha sottolineato l'irrilevanza, in sede di delimitazione della sfera di applicabilità degli artt. 22 ss. L. n. 241/1990, del regime giuridico cui risulta assoggettata l'attività in relazione alla quale l'istanza ostensiva è formulata, avendo, invece, importanza che l'attività, ancorché di diritto privato, costituisca nella sua essenza cura di un interesse pubblico e che, soprattutto, debba essere espletata nel rispetto del canone di imparzialità”.
Viene inoltre richiamato quanto stabilito con Adunanza Plenaria n. 13/2016: “E' propria dell'Amministrazione, infatti, la cura concreta di interessi della collettività, che lo Stato ritiene corrispondenti a servizi da rendere ai cittadini e che pertanto, anche ove affidati a soggetti esterni all'Apparato amministrativo vero e proprio, debbono comunque rispondere a corretti parametri gestionali, sul piano dell'imparzialità, del buon andamento e della trasparenza. A detti principi non può non considerarsi ispirato anche l'art. 22, comma 1, lettera e) della più volte citata legge n. 241 del 1990, nel ricondurre alla nozione di pubblica amministrazione anche i soggetti di diritto privato, limitatamente alla loro attività di pubblico interesse, disciplinata dal diritto nazionale e comunitario".
Quanto alla compagnia aerea cui il Consiglio di Stato fa riferimento, “sussiste un evidente collegamento tra le modalità prescelte per il reclutamento del personale di volo e la qualità del servizio reso agli utenti, non occorrendo sul punto ulteriori argomentazioni”.
Con riguardo all’esercizio del diritto di accesso nei confronti delle Autorità di regolazione e vigilanza, va segnalata la sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI, del 6 luglio 2016, n. 30039.
Il Consiglio di Stato ha ritenuto che i limiti all’accesso stabiliti con riguardo agli atti della Autorità di vigilanza che “non possono ritenersi, in senso stretto, espressione di quella funzione di vigilanza e di regolazione dei mercati che giustifica il diniego di accesso” non possono essere condivisi.
In particolare, il Consiglio di Stato ha valorizzato la funzione difensiva del diritto di accesso, cui era collegata l’istanza: “In conseguenza, solo nei limiti della (stretta) connessione degli atti e documenti richiesti con i diversi e prevalenti interessi pubblici tutelati (e della persistente attualità di tali interessi) può essere legittimamente negato l’accesso”.