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1 Ottobre 2024
7:35

Abuso d’ufficio: cosa si intende e cosa succede con l’abrogazione

L’abuso d’ufficio è il reato commesso dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle loro funzioni, procurano intenzionalmente a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arrecano ad altri un danno ingiusto.

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Abuso d’ufficio: cosa si intende e cosa succede con l’abrogazione
Avvocato
Abuso d'ufficio

L’abuso d’ufficio è il reato commesso dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle loro funzioni, procurano intenzionalmente a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arrecano ad altri un danno ingiusto.

Si tratta di una fattispecie di reato oggetto da sempre di un ampio dibattito, in quanto, considerata la sua formulazione, appare potenzialmente applicabile a una gamma di ipotesi eccessivamente ampia, in contrasto con i principi cardine di tassatività e determinatezza della fattispecie che animano il diritto penale.

Per questo motivo, l’art. 323 c.p. è stato oggetto di numerose modifiche nel corso degli anni e negli ultimi tempi è tornato a essere oggetto di attenzione, poiché è stata presentata proposta di abrogazione del reato in esame con il disegno di legge n. 808 presentato dal Ministro della giustizia Nordio e dal Ministro della difesa Crosetto.

Vediamo cosa si intende per abuso d’ufficio, quali sono gli elementi della fattispecie e quali sono le motivazioni alla base della recente proposta di riforma.

Cosa si intende per abuso d’ufficio?

L’abuso d’ufficio è il reato commesso dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto.

Il reato di abuso d'ufficio è escluso nel caso in cui le regole violate offrano margini di discrezionalità.

Il reato è previsto dall’art. 323 del Codice penale ed è punito con la reclusione da uno a quattro anni.

La pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno abbiano un carattere di rilevante gravità.

Il reato di abuso d’ufficio è stato introdotto nel nostro ordinamento con il Codice Rocco del 1932.

La fattispecie prevista dal legislatore è risultata da subito indeterminata nella sua formulazione e per questo motivo contraria ai principi cui deve uniformarsi il legislatore nella coniazione della fattispecie ovvero quelli di tassatività e determinatezza.

Per questo motivo, l’art. 323 c.p. è stato oggetto di una serie di modifiche nel corso degli anni.

La riforma Andreotti, attuata con legge 26 aprile 1990, n. 86, intervenne con l’eliminazione dell’interesse privato in atti d’ufficio e riformulò la disposizione nei seguenti termini:  “Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che, al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto vantaggio non patrimoniale o per arrecare ad altri un danno ingiusto, abusa del suo ufficio, è punito, se il fatto non costituisce più grave reato, con la reclusione fino a due anni.

Se il fatto è commesso per procurare a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale, la pena è della reclusione da due a cinque anni".

Le censure cui prestava il fianco l’originaria formulazione, tuttavia, non si ritennero superate.

Si passò a un’ulteriore modifica nel tentativo di restringere ulteriormente l’ambito di applicabilità della fattispecie, con l. 16 luglio 1997, n. 234 e poi con legge 6 novembre 2012, n. 190.

Con il d.l. n. 76/2020, convertito in legge 11 settembre 2020, n. 120, veniva poi ulteriormente delimitata la condotta punita dall’art. 323 c.p., ma i dubbi relativi all’applicazione del reato di abuso di ufficio sono rimasti sul campo.

Fonti normative

L’abuso d’ufficio è regolato ex art. 323 c.p. che così dispone: “Salvo che il fatto non costituisca un più grave reato, il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto è punito con la reclusione da uno a quattro anni. 

La pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno un carattere di rilevante gravità”.

Il bene giuridico tutelato

Il bene giuridico tutelato è quello del buon andamento e dell’imparzialità dell’amministrazione secondo quanto stabilito dall’art. 97 della Costituzione.

Il pubblico ufficiale deve dunque agire correttamente per svolgere al meglio il suo servizio e tutelare l’interesse della collettività.

Sul punto merita sottolineare quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sezione VI, del 31 ottobre 2019, n. 44598: “In tema di abuso di ufficio, la nozione di danno ingiusto non ricomprende le sole situazioni giuridiche attive a contenuto patrimoniale ed i corrispondenti diritti soggettivi, ma è riferita anche agli interessi legittimi, in particolare quelli di tipo pretensivo, suscettibili di essere lesi dal diniego o dalla ritardata assunzione di un provvedimento amministrativo, sempre che, sulla base di un giudizio prognostico, il danneggiato avesse concrete opportunità di conseguire il provvedimento a sé favorevole, così da poter lamentare una perdita di "chances".(Fattispecie in cui il direttore generale di un'azienda ospedaliera conferiva incarico di responsabile del procedimento per l'esecuzione di lavori ingegneristici ad un soggetto esterno, anziché al tecnico di ruolo interno all'azienda il quale vantava un'aspettativa concreta a ricevere tale incarico, in ragione del ristrettissimo numero dei legittimi aspiranti e della circostanza che, in un momento successivo, quella funzione sarebbe stata assegnata proprio a lui)”.

Procedibilità

Il reato di abuso di ufficio è procedibile d’ufficio, questo vuol dire che non è necessaria una querela per fare in modo che il reato venga perseguito, ma l’autorità giudiziaria può agire di propria iniziativa.

La procedibilità d’ufficio è riservata dal legislatore alle fattispecie di reato più gravi.

Quali sono i soggetti attivi del reato di abuso d'ufficio

I soggetti attivi del reato di abuso di ufficio sono i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio.

I pubblici ufficiali, secondo quanto stabilito dall’art. 357 c.p. sono coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa.

Sono invece incaricati di pubblico servizio, secondo quanto stabilito dall’art. 358 c.p. coloro i quali, a qualunque titolo, svolgono “un'attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di quest'ultima, e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale”.

Esempio di pubblico ufficiale sono, ad esempio, gli appartenenti alle forze armate e forze di polizia mentre esempio di incaricati di pubblico servizio sono i custodi dei cimiteri o le guardie particolari giurate.

Quando si configura il reato di abuso d’ufficio

Il reato di abuso di ufficio si configura quando, salvo che il fatto non costituisca una fattispecie di reato più grave, il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio violando specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità, oppure omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un suo prossimo congiunto procuri a sé o ad altri intenzionalmente un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arrechi ad altri un danno ingiusto.

L’elemento soggettivo, per espressa previsione legislativa, è il dolo intenzionale, poiché l’autore del reato con la sua condotta ha lo scopo di realizzare la fattispecie tipica prevista dalla norma.

Secondo quanto stabilito dalla Cassazione con sentenza n. 3160/2022: “in tema di abuso d’ufficio, l’elemento soggettivo è integrato dalla coscienza e volontà della condotta e dalla intenzionalità dell’evento, nel senso che il vantaggio patrimoniale od il danno ingiusto devono costituire l’obiettivo perseguito dall’agente pubblico e non soltanto genericamente incluso nella sua sfera di volontà. Inoltre, Il vantaggio rilevante ex art. 323, cod. pen.,dev’essere effettivo – anche se non attuale ma destinato a concretizzarsi soltanto in futuro e/o nel concorso di ulteriori condizioni – e non può essere soltanto astrattamenteipotizzabile”.

Inoltre, come ha specificato Cass. pen. n. 10224/2019: “In tema di abuso d'ufficio, non ricorre il dolo intenzionale nel caso in cui l'agente persegua esclusivamente la finalità di realizzare un interesse pubblico ovvero quando, pur nella consapevolezza di favorire un interesse privato, sia stato mosso esclusivamente dall'obiettivo di perseguire un interesse pubblico, con conseguente degradazione del dolo di procurare a terzi un vantaggio da dolo intenzionale a mero dolo diretto o eventuale e con esclusione, quindi, di ogni finalità di favoritismo privato. (Nella specie, la Corte ha annullato, limitatamente alle questioni civili, la sentenza di merito, che aveva assolto l'imputato per difetto dell'elemento psicologico, poiché non erano stati illustrati i motivi per cui non si sarebbe potuto ugualmente realizzare un contenimento dei costi osservando la procedura di gara dettata in tema di appalti pubblici, anziché quella di affidamento diretto dei lavori concretamente adottata)”.

Interessante, inoltre, l’iter argomentativo seguito dalla Corte di Cassazione, sezione VI, del 9 settembre 2014, n. 37373: “In tema di abuso d'ufficio, il requisito della violazione di legge può consistere anche nella inosservanza dell'art. 97 della Costituzione, la cui parte immediatamente precettiva impone ad ogni pubblico funzionario, nell'esercizio delle sue funzioni, di non usare il potere che la legge gli conferisce per compiere deliberati favoritismi e procurare ingiusti vantaggi, ovvero per realizzare intenzionali vessazioni o discriminazioni e procurare ingiusti danni. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la decisione impugnata, la quale aveva affermato la responsabilità dell'imputato che, dopo aver concorso nel determinare l'adozione della delibera di trasferimento di un dipendente comunale ad altro servizio, in ragione del fatto che quest'ultimo, con la propria precedente attività, si era mostrato non funzionale agli interessi economico-politici della maggioranza politica dell'ente e del gruppo di potere che la sosteneva, aveva successivamente disatteso, assunta la qualità di Sindaco, i provvedimenti dichiarativi dell'illegittimità del trasferimento)”.

Esempio di abuso d’ufficio

Esempio classico di abuso di ufficio può consistere nella condotta di un agente di polizia che annulli, in autotutela, una multa presa per eccesso di velocità da un carabiniere, senza alcuna plausibile giustificazione.

Abuso d’ufficio e pena

La pena per il reato di abuso di ufficio è quella della reclusione da uno a quattro anni.

La pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno un carattere di rilevante gravità.

Quando si prescrive il reato di abuso d’ufficio

Il reato di abuso di ufficio si prescrive in sei anni.

Secondo quanto previsto dall’art. 157 del Codice penale, infatti, la prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non inferiore a sei anni in caso di delitto.

Leggi anche: Giustizia, il Ddl Nordio è legge: definitiva l’abrogazione dell’abuso d’ufficio dalla Camera, cosa cambia ora

La riforma dell'abuso d’ufficio del 2023

Con disegno di legge n. 208 presentato dal Ministro della giustizia Nordio e dal Ministro della difesa Crosetto il 19 luglio 2023 sono state formulate modifiche al codice penale e al codice di procedura penale.

In particolare, nel disegno è contenuta la proposta di abrogazione del reato di abuso d’ufficio.

Nella proposta viene sottolineato che, a fronte delle circa 4.000 iscrizioni all’anno nel registro degli indagati, nel 2021, ad esempio, sono state registrate soltanto 18 condanne in primo grado per il reato di abuso di ufficio.

Lo squilibrio tra questi dati è evidente e segnala una necessità di intervento da parte del legislatore, anche se c’è chi sostiene che sarebbe più opportuno intervenire definendo ulteriormente l’ambito di applicazione della attuale disciplina.

In ogni caso, bisogna attendere l’iter parlamentare per comprendere l’esito effettivo che avrà questa proposta di riforma.

Leggi anche: Peculato per distrazione (314 bis c.p.): il rapporto del nuovo reato con l’abuso d’ufficio e l’obbligo di incriminazione UE

Il DDL Nordio e l'abrogazione dell'abuso di ufficio

Il 4 luglio 2024 la Camera ha definitivamente abolito l'abuso d'ufficio, una svolta significativa avvenuta con 199 sì, 102 contrari e nessun astenuto. In seguito all'abrogazione del reato previsto dall'art. 323 c.p., chi è stato condannato per abuso d'ufficio potrà richiedere l'annullamento della propria condanna.

Laureata con lode in giurisprudenza presso l’Università degli studi di Napoli Federico II. Ho poi conseguito la specializzazione presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali, sono stata collaboratrice della cattedra di diritto pubblico comparato e ho svolto la professione di avvocato. Sono autrice e coautrice di numerosi manuali, alcuni tra i più noti del diritto civile e amministrativo. Sono inoltre autrice di numerosi articoli giuridici e ho esperienza pluriennale come membro di comitato di redazione. Per Lexplain sono editor per l'area "diritto" e per l'area "fisco". 
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