Il reato di abuso d’ufficio è stato definitivamente abrogato, così come voluto dal primo articolo del Ddl sulla giustizia del ministro Carlo Nordio.
Nella giornata di giovedì 4 luglio, la Camera ha raggiunto la decisione definitiva sull’abolizione dell’illecito di cui all’art. 323 del codice penale, approvando la scelta con 170 voti favorevoli e 77 contrari.
Si tratta di una svolta significativa nella giustizia italiana che, nonostante lo scopo teso a ridurre il carico giudiziario e migliorarne l’efficienza, ha suscitato sin da subito un ampio dibattito e ciò anche in ragione del considerevole vuoto normativo che verrà a crearsi.
Con l'abrogazione, non sarà più possibile perseguire penalmente i funzionari pubblici per abuso d'ufficio, ovvero il reato commesso dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle proprie funzioni, procuri intenzionalmente a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale oppure arrechi ad altri un danno ingiusto.
A ogni modo, resta invece ferma la possibilità di perseguire altri reati )come la corruzione, il peculato e la concussione), fungendo da controllo sugli atti illeciti nella pubblica amministrazione.
Il voto finale su tutto il Ddl Giustizia è atteso per martedì 9 luglio.
Perché abolire l’abuso d’ufficio?
Approvato definitivamente l'abrogazione dell’abuso d'ufficio (art. 323 c.p.), come previsto dall’art. 1 del disegno di legge sulla giustizia proposto dal Ministro Carlo Nordio.
La decisione è stata giustificata con l'obiettivo di ridurre il numero di indagini e processi che spesso si concludono con l'archiviazione o l'assoluzione, ritenendo che l’abolizione permetterà di snellire il lavoro dell'Autorità giudiziaria e di concentrare le risorse su reati più gravi.
L’articolo 323 c.p. è già stato modificato per ben 5 volte dalla sua introduzione da parte del legislatore, l’ultima risalente al 2020, rappresentando dal principio una norma essenziale per contrastare i reati contro la Pubblica Amministrazione.
Nonostante ciò, tuttavia, il reato di abuso d’ufficio non sempre ha portato ai risultati processuali sperati poiché la disciplina ha prestato il fianco a una gamma eccessivamente ampia di situazioni, confliggendo così con i principi di tassatività e determinatezza del diritto penale.
Si pensi infatti anche all’aspetto statistico secondo cui la mole dei procedimenti per abuso d’ufficio giunti effettivamente a una condanna definitiva sia stato davvero esiguo: a partire dal 2016, i processi sono calati del 40%, mentre nel 2021 in primo grado le condanne per abuso d’ufficio sono stati 18 a fronte di circa 4.745 persone iscritte nel registro degli indagati. Di questi, circa 4.121 sono stati archiviati.
Nella realtà dei fatti, però, occorre anche considerare che in concorso all’abuso d’ufficio vengono contestati anche altri reati di portata ben più grave: 11,4% per il reato di falso ideologico (art. 479 c.p.), 15% in caso di abuso edilizio (art. 44 T.U. Edilizia), 9% per il reato di corruzione (art. 318 c.p.) e così via.
Le critiche
Sebbene l'esiguo numero di condanne giunte a seguito dei processi per abuso d’ufficio, non sono mancate le critiche da parte del mondo giuridico a proposito della proposta (prima) e scelta (poi) di abolire il reato, così come i dibattiti con i sostenitori.
Secondo i più, infatti, ritenere un illecito penale “superfluo” unicamente per la sua scarsa applicazione pratica non considera adeguatamente né l’effetto deterrente che il diritto penale esercita in generale, dissuadendo i cittadini dal commettere reati, né tantomeno l’importanza che talune fattispecie penali rivestono per la salvaguardia di rilevanti beni giuridici.
D'altro canto, invece, i sostenitori affermano che la formulazione della norma eccessivamente vaga e la sua applicazione ridotta, non ha fatto altro nel corso del tempo che scoraggiare i funzionari pubblici dall'assumere decisioni necessarie per paura di essere perseguiti (il noto fenomeno della “paura della firma”).
UE, rischio di una procedura d’infrazione per l’Italia
Il vuoto normativo creatosi in tema di reati contro la Pubblica Amministrazione a seguito dell'abrogazione dell’abuso d’ufficio, potrebbe prestare il fianco in maniera preoccupante alla criminalità organizzata se non venissero potenziati gli strumenti della Giustizia.
Proprio per questa ragione, l’Italia rischia una procedura d’infrazione da parte dell’Unione europea per aver violato un obbligo internazionale e del diritto comunitario, avendo svuotato l’ordinamento della possibilità di perseguire colui che abusa del potere pubblico per fini personali.
Sarà compito della Commissione europea verificare le eventuali infrazioni commesse dall’italia rispetto all’adempimento del diritto dell’Unione europea, in primo luogo provvedendo all'invio di una "lettera di messa in mora" allo Stato permettendo di riparare.
In caso di inottemperanza, l’Italia potrebbe essere citata innanzi alla Corte di Giustizia UE, con il rischio di una sanzione pecuniaria gravosa per i bilanci dello Stato.