Sposarsi o non sposarsi? Convivere o restare ancora a casa della famiglia di origine? In questa fase storica, più che in ogni altra, queste domande trovano risposte anche nel post unione, ovvero nelle conseguenze che si potrebbero verifica in caso di fine dell'unione. Che le separazioni ed i divorzi siano in aumento, complice in un certo modo anche la pandemia globale, è certo. Tuttavia, va sottolineato che ci sono anche altri fattori che contribuiscono all'incertezza emotiva o sarebbe più corretto dire relazionale, ovvero la precarietà lavorativa, la difficoltà di accesso al mercato immobiliare e l'allungamento dei tempi da dedicare alla formazione professionale. Attualmente le persone di età compresa tra i 25 ed i 40 si sposano in un'età maggiore rispetto a quella dei propri genitori, non riescono ad acquistare case e si concentrano sulla propria formazione nella speranza di fare carriera. L'altro lato della medaglia vede divorzi e separazioni in aumento. Illustriamo qualche dato rilevato dall'Istat.
Cosa succede se muore il coniuge separato ma non divorziato: chi eredita i beni?
Secondo la Cassazione (Cass. ord. n. 26489/17 dell’8.11.2017), la morte di uno dei coniugi nel corso del giudizio di separazione di divorzio determina la cosiddetta «cessazione della materia del contendere». In altre parole non c’è più ragione di portare avanti la lite, ossia non si procederà, così come avviene nella regolarità dei casi, all´interruzione del processo ed alla successiva riassunzione ad opera degli eredi, ma si giungerà alla declaratoria di cessazione del giudizio, non essendovi più motivi per portare avanti il contenzioso. L'evento morte è per sé sufficiente a produrre l'estinzione del matrimonio e del diritto all'assegno di mantenimento travolgendo così ogni pronuncia precedentemente emessa ma ancora non definitiva. Il coniuge superstite, in questo caso, non è sempre chiamato all'eredità. Non lo è in caso di separazione con addebito, se nei confronti del coniuge superstite è stata pronunciata separazione con addebito (nel senso che è stato dichiarato dal responsabile della rottura del matrimonio), quest’ultimo perde i diritti ereditari nei confronti dell’altro. In questo caso la successione seguirà la linea indicata dal contenuto del testamento, qualora il coniuge scomparso lo abbia predisposto oppure la successione legittima, quindi secondo quanto stabilito dalla legge.
Separazione e divorzio: le differenze
La separazione personale dei coniugi non scioglie il matrimonio, ma ne sospende alcuni effetti giuridici, in particolare per ciò che attiene ai rapporti personali, l'obbligo di coabitazione ed anche l'obbligo di fedeltà. La sospensione è funzionale ad una futura e possibile riconciliazione o anche al definitivo scioglimento o cessazione degli effetti civili del vincolo, in seguito al divorzio. Ai sensi dell'articolo 50 c.c. la separazione può essere consensuale o giudiziale, condizionata quest'ultima alla ricorrenza di fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, ovvero da recare grave pregiudizio all'educazione della prole (art.151, co.1 c.c.). La separazione giudiziale può essere anche pronunciata con addebito, ove le condizioni siano state determinate da uno dei coniugi, in conseguenza della violazione dei doveri discendenti dal matrimonio (art. 151, co. 2 c.c.). L'addebito ha delle conseguenze rilevanti perché può determinare la perdita del diritto all'eventuale assegno di mantenimento, nonché dei diritti successori sull'eredità dell'altro coniuge. In merito ai rapporti patrimoniali tra coniugi, la separazione determina l'immediato scioglimento della comunione legale, qualora questo sia il regime patrimoniale prescelto e può comportare il riconoscimento, in favore del coniuge cui essa non sia stata addebitata del cosiddetto assegno di mantenimento. Lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio ovvero il divorzio può essere pronunciato soltanto in presenza delle condizioni indicate dall'articolo 3 della legge n.898/1970, che, appunto introdusse l'istituto giuridico. Tra queste condizioni rientra anche la protrazione della condizione di separazione per più di 12 mesi, ovvero in caso di separazione consensuale per più di sei mesi.
Matrimoni in più nel 2021 ma aumentano le separazioni consensuali
Secondo fonti Istat nel 2022 sono stati celebrati in Italia 189.140 matrimoni, il 4,8% in più rispetto al 2021 e il 2,7% in più in confronto al 2019, anno precedente la crisi pandemica (durante la quale molte coppie hanno rinviato le nozze). Nei primi otto mesi del 2023 i dati provvisori indicano una nuova diminuzione dei matrimoni (-6,7%) rispetto allo stesso periodo del 2022. Le ricerche dell'Istituto Nazionale di Statistica spiegano le tendenze degli ultimi anni, in termini di separazioni e divorzi. L’analisi dei primi nove mesi del 2021 ha dimostrato come le separazioni e divorzi abbiano risentito meno l'effetto della pandemia. Nel 2020, infatti, la chiusura totale delle attività e la ridotta mobilità aveva portato ad un aumento dello scioglimento delle unioni, dovuto alla convivenza forzata. Nei primi nove mesi del 2021 l’aumento rispetto allo stesso periodo del 2020 (+36,4% per le separazioni e +32,8% per i divorzi) riporta a livelli simili a quelli del 2019. Per le separazioni la crescita è più consistente nel caso dei provvedimenti presso i Tribunali, in particolare per le consensuali (+49,3%). Quest’ultima tipologia, che aveva registrato il calo più consistente nel 2020, evidenzia un aumento del 6,0% anche tra 2021 e 2019. Stesso andamento si rileva nel caso dei divorzi consensuali. Gli accordi di negoziazione assistita con avvocati sia per le separazioni sia per i divorzi hanno mostrato, soprattutto per le separazioni, un calo contenuto nei primi nove mesi del 2020 (-2,1%), seguito da un aumento negli stessi mesi del 2021 (+11,1%). Nel confronto tra il 2021 e il 2019, quindi, si evidenzia un aumento dell’8,8%, in linea con quanto osservato tra 2018 e 2019.
Cosa accade al coniuge "non colpevole"?
Il coniuge separato “non colpevole”, del fallimento della separazione succede all’altro deceduto, come se la separazione non fosse esistita. In poche parole, il coniuge al quale non è stata addebitata la separazione con sentenza passata in giudicato, gode degli stessi diritti successori del coniuge non separato. Diversamente, se la separazione è stata addebitata con sentenza passata in giudicato, il coniuge al quale è stata addebitata la separazione perde i diritti successori e potrà avere diritto al solo (eventuale) assegno vitalizio a carico dell’eredità, a condizione, però, che al momento dell’apertura della successione godesse dell’assegno alimentare.
Cosa eredita il coniuge separato?
Specifichiamo che il coniuge separato può essere escluso dall'eredità qualora sia stato indicato nel testamento. Qualora non ci sia questa indicazione il coniuge separato ha diritto all'eredità in quanto la separazione rappresenta solo un affievolimento del vincolo coniugale. Lo status di coniuge rimane, mentre con il divorzio si ha la vera e propria cessazione degli effetti civili del matrimonio. Quindi, al coniuge separato spetterà l’intera eredità se non concorre con altri successibili, la metà dell’eredità se alla successione concorre un solo figlio, un terzo dell’eredità se concorre alla successione con più figli, due terzi dell’eredità se concorre con gli ascendenti o con fratelli e sorelle del coniuge defunto.
Eredità del coniuge separato e separazione dei beni
Al coniuge superstite separato spettano la quota di riserva prevista dalla legge ed i diritti di abitazione e di uso. Anche la pensione di reversibilità spetta al coniuge separato, mentre spetta in quota al coniuge separato con addebito se godeva degli alimenti. Per ciò che attiene al TFR (trattamento di fine rapporto), anche questo spetta al coniuge separato in concorso con i figli e i parenti entro il terzo grado se conviventi con il lavoratore defunto. Il TFR del lavoratore defunto e la pensione di reversibilità spettano agli eredi che ne hanno diritto anche se questi ultimi hanno rinunciato all’eredità.
La successione del coniuge separato con figli
Abbiamo già detto che la sentenza di separazione non scioglie il legame matrimoniale e pertanto in caso di morte di un coniuge, quello superstite anche se separato è erede insieme ai figli. L'unico caso di esclusione dall'eredità del coniuge separato si verifica quando la sentenza di separazione gli attribuisce l'addebito della separazione. Quando al de cuius succedono due o più eredi si configura una comunione ereditaria, infatti ciascuno dei coeredi diviene comproprietario di una quota di ciascun bene che compone il patrimonio ereditario. Alla comunione ereditaria si applicano gli artt. 713 e ss. c.c., ma anche le norme del Libro III in materia di comunione ( artt. 1100 e ss. c.c.)
Come escludere dall'eredità il coniuge separato
Il coniuge separato può essere escluso dall'eredità, come abbiamo già specificato, solo attraverso l'indicazione di questa specifica volontà nel testamento. Se il de cuius, ovvero il coniuge separato, ha indicato di volerlo escludere dall'eredità, costui non riceverà nulla. Altro caso di esclusione dall'eredità è quella della separazione con addebito, come abbiamo specificato nei paragrafi precedenti.
Cosa spetta al coniuge divorziato
Il coniuge divorziato mantiene una serie di diritti, soprattutto di natura economica, anche dopo lo scioglimento del matrimonio. Il divorzio pone, infatti, fine all'unione matrimoniale ma non cancella completamente il legame che ha unito marito e moglie facendo persistere un dovere reciproco di solidarietà. Dal punto di vista personale il divorzio scioglie definitivamente il matrimonio della coppia. Con il divorzio i coniugi riacquistano lo stato libero e possono, quindi, celebrare nuove nozze. Per l’ex marito e l’ex moglie si interrompono i doveri matrimoniali quali l’assistenza morale e materiale o la collaborazione tra coniugi. L’obbligo di solidarietà nei confronti dell’ex coniuge si traduce nel versamento a favore dell’ex economicamente più debole di contributo al mantenimento. Questo pagamento si determina in base ai redditi ed allo stato del patrimonio di ciascuna delle parti, alla durata del matrimonio ed alla capacità lavorativa del richiedente. Il pagamento può avvenire in forma periodica (c.d. assegno di mantenimento o assegno divorzile solitamente mensile) oppure in unica soluzione (c.d. una tantum). Quest’ultimo caso può essere concordato dai coniugi durante un divorzio su domanda congiunta e non durante il procedimento giudiziale. L’assegno in unica soluzione risolve tutte le pretese economiche del coniuge economicamente più debole che non potrà avanzare richieste ulteriori in punto contributo al mantenimento. L’una tantum, infatti, non sarà più modificabile. Il coniuge che ottiene il collocamento dei figli (nella maggioranza dei casi la madre) ha diritto a ricevere un contributo al mantenimento per i figli minorenni, o maggiorenni ma non ancora economicamente autosufficienti. In questo caso la determinazione dipende dalla condizione economica dei genitori, ma anche dallo stile di vita goduto dalla famiglia durante il matrimonio che si cerca di mantenere il più possibile uguale al fine di evitare che i figli, oltre al trauma della rottura del nucleo familiare, subiscano altri tipi di sconvolgimento.
Assegnazione casa familiare coppia con figli
Le valutazioni cambiano nel caso in cui la coppia che si divorzia ha avuto dei figli che siano ancora minorenni o non autosufficienti al momento del divorzio. Il diritto ad abitare nella casa familiare spetta ai figli e, di riflesso, al genitore collocatario, ossia al genitore che verrà designato per convivere prevalentemente con la prole, o affidatario nei casi, ormai ridotti, in cui solo un genitore sia ritenuto idoneo all’esercizio della responsabilità genitoriale. Il coniuge rimarrà assegnatario della casa e di tutto l’arredamento della stessa fino a quando i figli non vi vivranno più o saranno economicamente autosufficienti, quindi, indipendentemente dalla maggiore età raggiunta dagli stessi.